E' ormai un dato assodato che in Italia il problema principale è la classe politica: corrotta, inadeguata, impopolare, vecchia. Probabilmente mangia-bambini, drogata, cannibale, pedofila e qualunque altra cosa infamante che vi possa venire in mente.
Scherzi a parte il dato di fondo c'è ed è inequivocabile: esiste un problema di rappresentanza e di inadeguatezza politica, morale e ideologica dell'attuale ceto dirigente al potere. Ciò sta letteralmente distruggendo la democrazia liberale in Italia, degenerando lo sconforto, il pessimismo e il senso di impotenza presso sterminate masse rifugiatisi nel qualunquismo populista o nell'indifferenza apolitica. Questa è la sconfortante analisi reale della società italiana e dei suoi umori.

Tutto ciò però non è un fatto inedito, anzi, sembra costituire una costante nella storia italiana, e non solo repubblicana. Gli stessi fenomeni venivano segnalati già durante l'Italia “liberale” monarchica, poi attraverso i privilegi del regime fascista e successivamente con il monopolio dirigenziale dei governi democristiani, fino quindi alla famosa stagione di Tangentopoli che non fece altro che scoperchiare problemi presenti da decenni ma impediti dal fattore K.

I liberali tendono a dare la colpa ad un carattere storico “genetico” di noi italiani, che per tradizione saremmo arraffatori ed egoisti. Gramsci però la pensava diversamente, e denunciava a spron battuto come la corruzione morale e culturale di una società (e della sua élite dirigenziale) non potesse che aumentare all'interno di una struttura economica degradante quale quella capitalistica.

Pubblicato in Umanistica e sociale

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