Di come in questo Paese si affrontano le tematiche di politica estera ci siamo spesso lamentati: un disinteresse latente e fortemente diffuso è il campo perfetto in cui coltivare, a suon di disinformazione o notizie distorte, una coscienza completamente alterata di quello che avviene nel mondo.
In questi giorni i telegiornali si sono occupati largamente della crisi ucraina, mettendo in atto alla perfezione i precetti del buon giornalista al soldo dell'imperialismo. Il dramma di una società sull'orlo di una guerra civile è stato ridotto allo scontro tra la popolazione, oppressa dal governo filo russo, che
«Belfast offrirà una cornice spettacolare ed apporterà qualcosa di molto speciale alla storia di questa corsa già mitica». Michele Acquarone rilascia questa dichiarazione a inizio 2013, quando è ancora direttore di RCS Sport (organizzatrice dell'evento), per annunciare la partenza da Belfast del Giro d'Italia n°97 (maggio-giugno 2014). Probabilmente il riferimento è al "cielo di Irlanda" cantanto dalla Mannoia o alle suggestioni che evoca il trifoglio nell'immaginario italiano.
Le polemiche che sono scoppiate attorno all'evento sportivo, ad un anno di distanza dall'annucio, non riguardano però la cultura celtica. E neanche le vicende che hanno portato al licenziamento di Acquarone. È la ferita dell'Ulster (le contee settentrionali rimaste sotto il controllo britannico) che continua a sanguinare. A ricordare il problema della questione irlandese sono state le dichiarazioni dell'onorevole Anna Lo, dell'Alliance Party (partito moderato di orientamento liberale), che ha proposto di rimuovere dal tracciato del Giro d'Italia le bandiere e i murales di Belfast (che caratterizzano la città), perché legate a un passato di guerra.
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