Da quando con l'estate gli sbarchi sulle coste italiane si sono fatti più frequenti la battaglia di dichiarazioni tra Italia e Austria sulla gestione dei confini e dei flussi migratori si è fatta particolarmente violenta. Paradossalmente, a questo profluvio verbale corrisponde una realtà sostanzialmente normalizzata: sono ormai pochissimi i migranti che tentano il viaggio verso le città austriache o verso Monaco di Baviera via Brennero, in quanto i mezzi di trasporto pubblici per la cittadina di confine sono da mesi pesantemente controllati da polizia italiana e personale FS e raggiungere il confine in altri modi è o molto disagevole o impossibile. I roboanti ultimatum di alcuni ministri austriaci – e le altrettanto precipitose smentite di altri membri dello stesso Governo uscente – riflettono quindi più che altro la situazione di campagna elettorale in cui si trova il Paese, come è stato giustamente notato da molti. Ma, nonostante tutto, la situazione politico-elettorale di oltreconfine è poco conosciuta al di qua del Brennero. Vale la pena provare a diradare un po' di foschia.
Da sempre i confini hanno segnato una demarcazione tra un territorio e un altro, tra il “mio” e il “tuo”. Tra ciò che è amico e ciò che rappresenta un nemico o una minaccia. Si sono fatte guerre per la difesa dei confini, per allargarli o restringerli. Li abbiamo incisi sulle cartine, sulle prime mappe, li abbiamo ridisegnati a tavolino, li abbiamo esasperati costruendo muri. Ma il confine non designa solo un limite territoriale, bensì mentale e ideologico. Entro i confini si radica e si potenzia la nostra identità. Entro i confini del mio paese è inscritta la mia storia. Entro i confini del mio corpo avverto di essere io e non un altro.
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