Afrin ci interroga (1 di 3)
Die Toten mahnen uns, i morti ci interrogano, recita la stele che a Berlino sovrasta la tomba di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht assassinati da soldati nazionalisti al servizio di un governo di destra socialdemocratica che aveva posto su di essi una taglia, “rei” di aver appoggiato un’insorgenza operaia.
Molto altro inoltre nel corso del Novecento e di questo primo scorcio di Duemila ci ha direttamente interrogato. In questo momento a interrogarci sono soprattutto i curdi, vittime storiche speciali della Turchia. Sono essi a sconvolgere le nostre coscienze, a contestarvi incertezze e opportunismi. Non solo i curdi, beninteso: ci interrogano e sconvolgono da gran tempo i palestinesi, abbandonati a un colonialismo israeliano che sta completando la conquista del loro territorio e della loro acqua, come ci sconvolgono i milioni di profughi mediorientali e di povera gente che fugge dall’Africa o dall’Afghanistan, o la persecuzione e massacri a danno di rohingya, mapuche e tante altre popolazioni in tutto il mondo.
Non è facile capire cosa fare di più adeguato, ma occorre inventarlo anche attraverso approssimazioni. Bisogna riuscire urgentemente a colpire, non solo a manifestare e a scrivere articoli. Ho letto l’appello al boicottaggio economico della Turchia, è una buona idea, si presta anche a iniziative popolari sul piano del turismo, dell’uso della compagnia di bandiera, dell’import di beni di consumo, di tessile, ecc. Bisogna denunciare pubblicamente i gruppi economici che investono (in altre parole, delocalizzano) in Turchia, commerciano con essa, ecc. Soprattutto occorre denunciare la vendita di armi a questo paese, cui prende parte anche l’Italia.
L'offensiva turca contro Afrin
Una bella illustrazione di Zerocalcare spiega meglio di mille parole il disinteresse generalizzato che avvolge l’operazione militare turca nel distretto di Afrin.
Se l’eroica resistenza di Kobane contro l’ISIS era stata celebrata ovunque, un silenzio glaciale avvolge la carneficina annunciata di Afrin, contea del Rojava molto vicina al confine turco e oggetto degli interessi strategici di Erdogan, intenzionato a colpire e reprimere con ogni mezzo qualsiasi forma di autoaffermazione del popolo curdo.
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