Arresto di Lula: l'ombra dell'ex presidente sulla politica brasiliana
Consegnandosi alla polizia sabato 7 aprile, l’ex presidente brasiliano Lula ha iniziato a scontare la condanna a dodici anni di carcere che, a sei mesi dalle elezioni, pone fine alla sua carriera politica (uscirebbe di prigione a ottantacinque anni).
Ritardando l’arrivo in carcere di un giorno, trascorso nella propria “casa” politica, il sindacato metallurgico di São Bernardo do Campo, Lula non ha quindi inteso sottrarsi all’esecuzione della sentenza o dare inizio a movimenti di azione extralegale. Chiamando a raccolta i suoi sostenitori, il leader del Partido dos Trabalhadores si è verosimilmente proposto tre obiettivi: un’ultima dimostrazione di forza, per provare a tutto il Paese quanto grande sia ancora il suo consenso presso i ceti popolari; l’invito ai suoi sostenitori a continuare, anche senza la sua guida, la lotta politica contro il ritorno del Brasile a soluzioni autoritarie e conservatrici; gettare i semi di un movimento popolare di resistenza che sarà forse necessario in futuro.
Stando ai sondaggi nessuna delle due candidature fondamentali alla presidenza federale del Brasile otterrà la maggioranza assoluta dei voti necessaria (almeno il 50% dei voti più uno), quindi sarà necessario un secondo turno elettorale, di ballottaggio tra le due prime due arrivate al primo turno. I più recenti sondaggi dando una prevalenza della presidente federale uscente, Dilma Rousseff, succeduta quattro anni fa a Luiz Lula da Silva: ma insufficiente.
Competono due figure molto diverse tra loro, benché abbiano appartenuto anni fa al medesimo partito, il PT (il Partito dei lavoratori), la forza principale della sinistra brasiliana. È di questo partito (e degli altri partiti della sinistra brasiliana di governo, tra i quali quelli comunisti) la candidatura di Dilma Rousseff, mentre Marina Silva, figura storicamente impegnata sul terreno dell'ambientalismo, è l'altra candidata forte, in quanto di un vasto schieramento di centro-destra, delle organizzazioni imprenditoriali, dei principali mass-media, tra i quali campeggia il gruppo de O Globo.
Le grandi manifestazioni avvenute negli scorsi mesi in Brasile contro il governo Rousseff e contro gli ingenti investimenti messi in campo per la realizzazione della prossima Coppa del Mondo hanno ricevuto attenzione da parte dei media internazionali e generato anche nel nostro Paese alcune prese di posizione e numerosi quesiti sulla natura e l'operato del PT, al vertice – prima con la Lula e adesso con Dilma Rousseff – dello Stato brasiliano dal 2002. Per comprendere meglio quanto avvenuto abbiamo intervistato Adalberto Monteiro, giornalista e poeta, membro della Segreteria nazionale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), Presidente della Fondazione Maurício Grabois ed editore della rivista Princípios.
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