Sulla crisi greca, a botta calda
Le figure che in questi mesi, a nome di Consiglio Europeo (quota paesi dell’eurozona), Eurogruppo, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, singoli governi europei (di Germania e Francia) si sono confrontate con il governo di sinistra della Grecia sulle misure da realizzare per affrontare la crisi in cui questo paese versa, irrisolvibile con i suoi mezzi, sono partite tutte quante dal presupposto che la Grecia, cioè il suo governo e la sua popolazione, non fossero in grado di resistere all’imposizione di ulteriori misure di “austerità”, analoghe a quelle responsabili della sua crisi. Delle due l’una, stando al ragionamento dei poteri europei e dell’FMI: o il governo di Syriza si sarebbe piegato, buttando via il proprio programma elettorale, e, pur di rimanere in carica, avrebbe gestito una nuova dose di “austerità”, oppure questo governo sarebbe entrato in crisi e sarebbe stato sostituito con un governo disponibile, magari attraverso nuove elezioni. Infatti ciò che poteri europei ed FMI non hanno messo in conto è stato che il governo greco, pur disposto a un compromesso, avrebbe resistito e, di fronte all’impossibilità di un compromesso decente, avrebbe rinviato ogni decisione al popolo greco e al tempo stesso dichiarato l’inaccettabilità dal proprio punto di vista della posizione avversa, tanto più in quanto espressa in forma di fatto ultimativa, lesiva della sovranità greca, colonialista, essendo la Grecia tecnicamente a un passo dal default.
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