Una panoramica sul continente sudamericano dopo la vittoria di Bolsonaro

Nel 2008 undici dei diciotto paesi latino-americani erano governati da presidenti di centro-sinistra o sinistra. Dieci anni dopo la situazione appare decisamente diversa. Cosa resta oggi di quella stagione politica e culturale che aveva significato per l’America Latina un clamoroso “giro a la izquierda”? I movimenti sociali e politici che all’inizio del nuovo millennio avevano trionfato col motto del “ritorno allo stato”, stanno ora mostrando evidenti segni di cedimento. Gli ultimi anni sono stati particolarmente severi nei confronti delle esperienze di governo più o meno progressiste che si sono avvicendate nei paesi latinoamericani. Prendendo in esame anche solo i paesi dell’America Meridionale, dove resistono esperienze di sinistra estremamente significative, si è comunque costretti ad evidenziare un quadro del tutto deprimente.

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L'attentato al presidente Maduro e la situazione in Sud America

Il 4 agosto una serie di esplosivi trasportati da droni ha preso di mira il Presidente venezuelano Maduro, che presenziava ad una parata militare a Caracas. L’attentato ha ferito sette persone ma lasciato illeso l’inquilino di Miraflores, che lo ha subito attribuito a una connessione tra l’estrema destra interna e una cospirazione basata a Miami e a Bogotá, dove riceverebbe l’appoggio del Presidente colombiano (uscente) Juan Manuel Santos. Una rivendicazione è giunta successivamente dai “Soldados de franelas”, i cui toni e argomenti richiamano quelli delle mobilitazioni di piazza della destra venezuelana.

Lo stesso giorno, il Partito dei Lavoratori brasiliano ha ufficialmente nominato Lula, in carcere dal 7 aprile, come candidato alla Presidenza per le elezioni di ottobre.

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Crisi in Venezuela: che destino per la rivoluzione bolivariana?

Il governo venezuelano di Maduro in questi ultimi mesi si trova di fronte a una grave crisi di consenso che tuttavia andrebbe indagata a fondo per capirne le reali cause. Se da un lato vi sono stati errori strategici di gestione della rivoluzione, già chiaramente riconoscibili nell'ultimo periodo di governo Chavez, oggi siamo di fronte alla stretta finale di ciò che resta della rivoluzione bolivariana.

La borghesia compradora ancora fortissima in un paese dal passato coloniale così importante è tornata a sferrare il suo attacco nel momento di maggior fragilità e isolamento del Venezuela incamminato sulla strada del Socialismo del XXI secolo. Non ci sono più né Fidel Castro né Hugo Chavez e il contesto internazionale, con l'imperialismo di Trump scatenato, appare propizio.

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Uccidere il dissenso: è morta Lesbia Yaneth Urquía, compagna di lotte di Berta Cáceres

Non è facile essere donna leader dei movimenti di resistenza indigena. In una società incredibilmente patriarcale le donne sono estremamente esposte, devono affrontare circostanze molto rischiose, campagne maschiliste e misogine. Il machismo si trova in ogni aspetto dell’esistenza. Questa è una delle cose che può più pesare nella scelta di abbandonare la lotta”: queste sono le parole che Berta Cáceres pronunciava poco meno di un anno fa in un’intervista rilasciata a Eldiario.
Parole di consapevolezza della difficoltà di essere non solo un’attivista indigena, ma soprattutto una donna in lotta contro tanti poteri forti, primo fra tutti quello maschile. Nonostante le avversità e la paura Berta però ha continuato a lottare, fino al giorno della sua morte avvenuto il 3 marzo, quando è stata assassinata mentre dormiva nella sua abitazione a La Esperanza, da uomini armati.

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