Proprio nel momento in cui le forze di alternativa cercano faticosamente di rimettere in piedi un progetto strategico dai vasti orizzonti teorici ed organizzativi, ecco che su di una questione apparentemente minore come una tornata di elezioni locali, distante oltretutto poco meno di un anno, le varie soggettività coinvolte in quell’ambizioso progetto danno prova di reciproche insofferenze e si fanno portatrici di disegni talvolta diametralmente contrapposti. Un movimento politico nascente, destinato, se vuol sopravvivere, ad elaborare strategie convincenti su temi epocali quali la fine di un ciclo quarantennale di accumulazione capitalistica, la crisi della sovranità democratica, i conseguenti mutamenti nell’ordine geopolitico, la grande migrazione in atto, e che organizza una baruffa preventiva attorno alle modalità di presentazione delle liste in una tornata elettorale amministrativa, per quanto importante, fa sorgere dubbi sulle sue potenzialità nell’arena politica del Paese. Il minimo che si possa sospettare è che il peso dell’elettoralismo schiacci il nuovo partito su una marginale contingenza, minandone alla base la la capacità di incidere.
È vero, ammettiamolo! Se la sinistra vuole fare dei passi avanti deve fare giustizia sommaria di tanti miti novecenteschi e “duemileschi” e tornare al pensiero laico e razionale delle proprie origini.
Il primo mito di cui deve essere fatta rapida e definitiva giustizia è quello della così detta “società civile”, ritenuta dimora di ogni virtù, contrapposta alla politica considerata ricettacolo di ogni vizio.
Se la nostra fosse una società di uguali, nella quale le differenze di condizioni economiche e livelli culturali fossero annullate o anche tollerabili; nella quale a coloro che alla nascita, per un qualsiasi accidente della vita o per invecchiamento avessero perduto alcune capacità naturali (vista, udito, parola, mobilità, …) fosse provveduto ad una forte riduzione delle condizioni di svantaggio nei confronti degli altri; nella quale non vi fosse alcuna discriminazione di classe, colore della pelle, religione, orientamento sessuale, … . Allora sì che potremmo fare a meno dei partiti politici!
"La situazione è difficile ma siamo tutti impegnati perchè il partito ne esca bene"
Questa affermazione è targata Massimo D'Alema, e data 12 aprile 2013, in un contesto cioè estremamente problematico per gli italiani, in ogni campo (sociale, economico, politico, ecc.).
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