Errante della sinistra diffusa fin dai tempi del liceo, di lavoro fa l'informatico e nel tempo libero si dedica all'approfondimento politico, con particolare attenzione alle tematiche europee lette in chiave di critica antiliberista e anticapitalista.
Fortunatamente anche questa tornata elettorale è passata. Certo, il risultato non è roseo per chi aveva creduto nella necessità di una rappresentanza parlamentare con un programma e delle aspirazioni compiutamente di sinistra. Ma troppe erano le criticità insite in Rivoluzione Civile e gli italiani hanno deciso che fosse giusto non sostenerne il progetto. Criticità per le quali non serve nemmeno un'analisi post-voto, talmente erano evidenti fin dall'inizio. Comunque un tentativo generoso da parte dei tanti militanti impegnati fattivamente nella campagna elettorale e persino dei dirigenti ora dimissionari. Come nel calcio, a volte è giusto che paghi soltanto l'allenatore.
Foto ripresa liberamente da LetteraPolitica.it
Come è tornato così sembra mestamente andarsene. Berlusconi questa volta pare proprio al capolinea, schiacciato dal fuoco di fila di attori politici ed istituzionali sovranazionali che ormai da più di un anno non solo dettano l'agenda politica italiana, ma ne impongono i protagonisti. I sondaggi in caduta libera, il disfacimento del suo blocco sociale e l'implosione del PDL sembrano ormai configurare la fine della sua egemonia politica sulle destre e sul paese. L'Europa ha scelto Monti.
La sconfitta del Cavaliere, dopo un disordinato e breve rientro sulla scena politica, segna la definitiva affermazione del nuovo ordine tecnocratico europeo sulle macerie di una destra italiana da sempre populista e qualche volta apertamente conflittuale rispetto alla retorica europeista declinata all'austriaca, certo non a protezione degli interessi del lavoro o delle fasce più deboli di popolazione, piuttosto per preservare gli interessi immediati del suo blocco sociale.
Berlusconi non ha mai nascosto di non amare l'austerity, troppo poco funzionale al suo modello di potere impastato di demagogia e corruzione. I suoi governi, tranne quando in occasione del primo approfittò del lascito di Ciampi in termini di riduzione della spesa, si sono contraddistinti per una gestione populista delle finanze pubbliche, non finalizzata a piani di rilancio dell'economia o all'espansione del welfare, ma al taglio delle tasse, ai condoni e al mantenimento di un sistema clientelare e corrotto.
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