Un NO non preconcetto
Complice una certa pigrizia nel fissare la data della consultazione, il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre è ormai da mesi al centro del dibattito.
Come in ogni buona campagna elettorale che si rispetti, propaganda e volontà di informare si intrecciano nelle iniziative dei due schieramenti, in proporzione abbastanza conforme. Lasciando ad altri collaboratori di questa testata o al molto materiale disponibile l'onere di evidenziare quanto di concreto e vero nel complesso delle motivazioni del “sì” e del “no” vorrei qui umilmente dare voce alle ragioni di un “no” non aprioristico e pensato in un'ottica progressiva.
I tentativi di riforma costituzionale in Italia, almeno negli ultimi vent’anni, si sono sempre purtroppo distinti per tre sgradevoli caratteristiche: un allontanamento dai principii antifascisti, un grave errore di prospettiva, il contenere pressoché sempre proposte di destra.
A partire dalla Rivoluzione francese la sinistra politica ha sempre difeso la forma parlamentare unicamerale, fedele al principio che la sovranità popolare è indivisibile. Per questa ragione nel 1946 socialisti e comunisti si presentarono alla Costituente chiedendo il monocameralismo. La Dc e il Pli chiedevano invece, accanto alla Camera bassa, un Senato delle professioni, delle corporazioni e del notabilato. Il compromesso fu il bicameralismo paritario, con l’aggiunta di cinque senatori a vita di nomina presidenziale e, per la I Legislatura, di alcuni senatori di diritto.
Sotto questo aspetto la riforma Boschi rappresenta non lo stravolgimento, bensì al contrario l’effettivo e pieno sviluppo della Costituzione antifascista. Vedremo, più avanti, il perché.
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