Peccato però che ci si possa ammalare in qualsiasi momento, peccato che si possa morire nel fiore degli anni, peccato che si possa sbagliare a qualunque età e che la vita, a volte, decida di non perdonarti un errore di gioventù. Il tempo, insomma, non rispetta le scadenze, non guarda in faccia nessuno. È successo a Lamberto Lucaccioni, il 16enne di Città di Castello che ha sperato di trovare la felicità in una pillola che avrebbe dovuto guarire le remore, i tabù, le inibizioni comuni a tanti adolescenti e che invece ha finito per ucciderlo. La chiamano ‘’droga dell'amore’’ quella manciata di veleno. La chiamano così perché regalerebbe la sensazione illusoria di essere in pace col mondo e con gli altri. Peccato che quel paradiso artificiale per Lamberto si sia presto trasformato in un inferno. Alle quattro di una convulsa notte d'estate il cuore del sedicenne di Città di Castello ha smesso di battere in un'asettica stanza d'ospedale, lontano da quella bolgia di musica, colori e divertimento a pagamento che era la pista del Cocoricò.
Il Cocoricò, la discoteca più in della riviera romagnola, non è, del resto, nuova a certi tragici episodi in cui la protagonista indiscussa è stata l'ecstasy: nel 2004 la vittima fu un diciannovenne marchigiano, nel 2011 un diciottenne si salvò in extremis soltanto grazie ad un trapianto di fegato. In entrambi i casi era stata disposta la sospensione temporanea della licenza del locale. Ma il problema, evidentemente, non è stato risolto. Da qualche giorno, a tal proposito, in rete circola una frase. Recita più o meno così: ’’Chiudere le discoteche per combattere l'uso delle droghe è come chiudere comuni e parlamenti per eliminare la corruzione’’. E forse quelle poche parole contengono una dose massiccia di verità. Il Cocoricò chiuderà i battenti per 120 giorni, 4 mesi di silenzio entro i quali ci si chiede cosa possa risolvere la situazione. È un provvedimento che apre il confronto tra quanti ritengono doveroso chiudere per qualche tempo la piramide del divertimento, simbolo della movida riccionese, e quanti ritengono che lo spettacolo, secondo l'antico dettame dello "show must go on" debba andare avanti, nonostante tutto, e cercare quindi altrove la soluzione al problema droga. Chiudere una discoteca, a pensarci bene, solo utopisticamente eliminerà in certi ragazzi l’infondata convinzione di essere immortali. Perché, si sa, il tempo è un’invenzione maledetta, non guarda in faccia nessuno, tantomeno chi per divertirsi sente il bisogno di anestetizzare la ragione fino ad annullarla.