Lunedì, 10 Agosto 2015 00:00

Se la chiusura per quattro mesi può bastare

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Cocoricò chiuso per quattro mesi: 120 giorni di silenzio basteranno a mettere a tacere il problema droga?

Il tempo è un'invenzione maledetta. Nasciamo con l'idea che tutto debba avere un tempo prestabilito. Così se entro un anno non parli, ti guardano storto. Sei in ritardo. Come se fosse scientificamente necessario dire mamma entro dodici mesi. Cresci e le cose non migliorano. E così a 18 anni devi prendere la patente, entro i 25 una laurea (dipende dai casi) e magari prima dei trenta trovare un consorte. Ci sono tempi entro i quali devi rientrare, altrimenti ti guardano storto, proprio come quel bambino che a un anno non diceva ancora mamma.

Peccato però che ci si possa ammalare in qualsiasi momento, peccato che si possa morire nel fiore degli anni, peccato che si possa sbagliare a qualunque età e che la vita, a volte, decida di non perdonarti un errore di gioventù. Il tempo, insomma, non rispetta le scadenze, non guarda in faccia nessuno. È successo a Lamberto Lucaccioni, il 16enne di Città di Castello che ha sperato di trovare la felicità in una pillola che avrebbe dovuto guarire le remore, i tabù, le inibizioni comuni a tanti adolescenti e che invece ha finito per ucciderlo. La chiamano ‘’droga dell'amore’’ quella manciata di veleno. La chiamano così perché regalerebbe la sensazione illusoria di essere in pace col mondo e con gli altri. Peccato che quel paradiso artificiale per Lamberto si sia presto trasformato in un inferno. Alle quattro di una convulsa notte d'estate il cuore del sedicenne di Città di Castello ha smesso di battere in un'asettica stanza d'ospedale, lontano da quella bolgia di musica, colori e divertimento a pagamento che era la pista del Cocoricò.

Il Cocoricò, la discoteca più in della riviera romagnola, non è, del resto, nuova a certi tragici episodi in cui la protagonista indiscussa è stata l'ecstasy: nel 2004 la vittima fu un diciannovenne marchigiano, nel 2011 un diciottenne si salvò in extremis soltanto grazie ad un trapianto di fegato. In entrambi i casi era stata disposta la sospensione temporanea della licenza del locale. Ma il problema, evidentemente, non è stato risolto. Da qualche giorno, a tal proposito, in rete circola una frase. Recita più o meno così: ’’Chiudere le discoteche per combattere l'uso delle droghe è come chiudere comuni e parlamenti per eliminare la corruzione’’. E forse quelle poche parole contengono una dose massiccia di verità. Il Cocoricò chiuderà i battenti per 120 giorni, 4 mesi di silenzio entro i quali ci si chiede cosa possa risolvere la situazione. È un provvedimento che apre il confronto tra quanti ritengono doveroso chiudere per qualche tempo la piramide del divertimento, simbolo della movida riccionese, e quanti ritengono che lo spettacolo, secondo l'antico dettame dello "show must go on" debba andare avanti, nonostante tutto, e cercare quindi altrove la soluzione al problema droga. Chiudere una discoteca, a pensarci bene, solo utopisticamente eliminerà in certi ragazzi l’infondata convinzione di essere immortali. Perché, si sa, il tempo è un’invenzione maledetta, non guarda in faccia nessuno, tantomeno chi per divertirsi sente il bisogno di anestetizzare la ragione fino ad annullarla.

Ultima modifica il Domenica, 09 Agosto 2015 12:17
Clelia Incorvaia

Nata all'estrema periferia della Sicilia nel maggio del 1993, studentessa di Lettere e Filosofia, la mia penna avrà un occhio di riguardo per la Trinacria e i suoi personaggi.

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