A sinistra, i progressisti italiani si interrogano sulla loro sconfitta?
Zhou Enlai affermò nel 1972 di come fosse ancora presto per giudicare la Rivoluzione Francese. In realtà pare fosse stato frainteso, volendosi riferire al 1968, anziché al 1917 (si veda qui).
Però capita di sentire citato questo aneddoto come indicativo di un atteggiamento cinese rivolto ai tempi lunghi, sui quali però saremmo tutti morti, secondo un approccio pseudo-keynesiano.
Scissioni e soldi, politica e patrimonio, quel patrimonio necessario a svolgere l'attività politica, sono indissolubilmente legati: anche in epoca di “partiti liquidi” (che poi una volta si chiamavano “comitati elettorali”) e “movimenti” (parola salvifica per designare i partiti togliendoli quella che viene da molti percepita come la “puzza” del '900).
In questi giorni di frenetica attività dentro e fuori il PD, proprio per approfondire nello specifico questo tema e mettere qualche elemento di certezza, abbiamo sentito Gabriele Maestri, cultore del diritto dei partiti, collaboratore dell'Università di Parma, giornalista pubblicista (cura il blog isimbolidelladiscordia.it) nonché autore di due testi per “drogati” di politica: I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti (Giuffrè, 2012) e Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male (Aracne, 2014)
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