Giovedì, 28 Giugno 2018 00:00

A sinistra, i progressisti italiani si interrogano sulla loro sconfitta?

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A sinistra, i progressisti italiani si interrogano sulla loro sconfitta?

Zhou Enlai affermò nel 1972 di come fosse ancora presto per giudicare la Rivoluzione Francese. In realtà pare fosse stato frainteso, volendosi riferire al 1968, anziché al 1917 (si veda qui).

Però capita di sentire citato questo aneddoto come indicativo di un atteggiamento cinese rivolto ai tempi lunghi, sui quali però saremmo tutti morti, secondo un approccio pseudo-keynesiano.

Dobbiamo quindi intenderci quanto definiamo “storiche” le elezioni politiche italiane di marzo 2018, come prova a precisare anche l’Istituto Cattaneo in una sua recente pubblicazione, su cui magari ci sarà modo di tornare anche sul nostro sito (Istituto Carlo Cattaneo (a cura di), Il vicolo cieco, il Mulino, 2018).

Dei mutamenti sicuramente sono intercorsi e si vuole qui provare a prendere per buona una inesatta affermazione rilasciata da Massimo D’Alema, durante la trasmissione Otto e Mezzo su la7 del 13 giugno 2018 (il video qui): «sono l’unico a sinistra che ha fatto l’analisi del voto». Il riferimento sicuramente è rivolto (anche) alla rivista Italianieruopei, di cui è direttore, collegata alla omonima Fondazione. Il numero 2 di questo anno è effettivamente dedicato alla “valanga del 4 marzo”, mentre il numero 3 (è un bimestrale) ritorna sul “labirinto della politica” in cui sarebbe l’Italia.

Non so quanto il tempo mi permetterà di tornare su queste due pubblicazioni ma è certo il loro essere capaci di suscitare interessi e riflessioni. Esiste ancora un’anima progressista e riformista capace di interrogarsi sulla propria identità, confrontandosi con intellettuali e parte del mondo accademico? Da questa domanda non si può prescindere, per verificare di avere interesse a impiegare il proprio tempo a leggere chi insiste a pensare a Liberi e Uguali come a un punto di partenza imprescindibile per la ricostruzione della sinistra (cioè del centrosinistra). I voti raccolti dalla formazione “guidata” da Pietro Grasso sarebbero legati a un tessuto militante, tagliato fuori dall’opinione pubblica perché percepito troppo in continuità con il Partito Democratico ma non disprezzabile, poiché simile, nei numeri assoluti, a quanto aveva raccolto la Lega Nord nel 2013. Mettersi in discussione quando si ha ancora qualcosa da perdere non è mai possibile, fino in fondo, e da qualche parte va conservato un nucleo rassicurante. Per il resto però Italianieuropei lascia qualche suggestione costruttiva anche per un convinto dirigente dell’area considerata “antisistema” (Federico Fornaro, capogruppo LEU alla Camera dei Deputati, mette in fila Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile e Potere al Popolo, sul 3.2018).

A titolo di esempio penso sia utile citare Onofrio Romano (docente di Sociologia all’Università di Bari). La primavera dei governi Vendola è definita «forse il tentativo più avanzato di acculturazione del Sud ai dettami politici, valoriali e regolativi del modello europeo, con accenti di vera e propria “americanizzazione” sul versante delle forme della politica». Le parole sono in un intervento sulla “nuova sedazione del sud” (2.2018).

Vorrei però qui soffermarmi in particolare su quanto scritto da Michele Ciliberto, storico della filosofia di cui sarebbe complicato riassumere i vari titoli (per fortuna esistono Google e Wikipedia).

La crisi della democrazia rappresentativa avviata nella Penisola a partire dagli anni Novanta avrebbe un’origine nella seconda metà degli anni Settanta, quando la sinistra si ritrova sconfitta. Leggiamo: «il PCI, avviando una serie interminabile di metamorfosi, cerca di contenere la crisi ricorrendo alle primarie». Una frase con cui misurare l’eccessivo impegno di sintesi disseminato lungo tutto il contributo, dove si richiama l’incomprensione per l’immensità del fenomeno migratorio (e delle sue conseguenze). L’articolo chiude con un’interpretazione definitiva: «ciascuno è solo e ogni uomo è un’isola: è questa la lezione che viene dalle elezioni» (02.2018).

Sarà il periodo estivo, in cui mi sento (forse) più libero di riflettere a voce alta, o la saturazione con cui si viene continuamente bombardati da editoriali e analisi (con cui finisco per pensare che tanto non si viene nemmeno letti), ma la suggestione lascia spazio alla perplessità rispetto alle citazioni fin qui riportate.

Un misto di subalternità all’esistente e mistica indicazione della grande sconfitta. 

Le responsabilità dei progressisti europei vengono ridotte a una sottovalutazione dell’economico sul politico, mentre i legami di solidarietà vengono declinati come inadeguati al presente globalizzato (come se il razzismo non avesse già sguazzato in passato nelle file della classe operaia).

Sembra quasi si debba descrivere una gloriosa storia di coraggiosi cavaliere sconfitti.

Se questa è l’autocritica, difficile poi accusare il popolo di essere un agglomerato di individualisti.

Utilizzare i mutamenti sociali ed economici per giustificare l’incapacità di adattarsi potrebbe anche andare bene, laddove non si siano portati avanti cambiamenti in peggio, di cui nessuno sembra voler rendere conto, anzi utilizzando magari i risultati di Renzi per rispolverare i numeri di Italia Bene Comune…

Le elezioni non danno lezioni. Sono punti di verifica per le organizzazioni politiche. 

D’Alema forse è davvero tra i pochi che ha promosso un’analisi del voto a sinistra, ma questo non basta per ritenere che abbia ragione.

Certo provare a costruire delle repliche, accettando di confrontarsi, aiuterebbe forse anche chi si ostina ad aggirarsi in cerca del campo rivoluzionario, in crisi da molti decenni, anche prima della caduta del Muro di Berlino.


 Immagine liberamente tratta da upload.wikimedia.org

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Giugno 2018 18:12
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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