È davvero una storia singolare quella del Partito Democratico in questi ultimi dodici mesi. Presentatosi alle elezioni con grande sicumera, ne uscì assai malconcio ed ebbe a subire nei mesi seguenti ulteriori rovesci: dall’impasse sull’eventuale governo Bersani con il M5S alle giravolte Marini-Prodi-Napolitano al governo col Pdl: tutti fenomeni che avrebbero dovuto logorare il partito e che – soprattutto i 101 franchi tiratori contro Prodi e il governo di grande coalizione – sono rimasti indigesti al suo elettorato.
A distanza di un anno, invece, il Pd appare aver rafforzato il proprio capitale di influenza politica, e ciò, al di là dell’energia renziana, sostanzialmente per un motivo di sistema: l’immobilismo dei suoi avversari e le loro minori capacità di fare politica.
La prima impressione dopo la rielezione di Napolitano è semplice e drammatica allo stesso tempo: paura.
Infatti, ci troviamo a dover analizzare una situazione politica senza precedenti nella storia repubblicana e provare a ragionare a mente fredda è semplicemente impossibile. Penso sia stato scritto un pezzo di storia che probabilmente risulterà solo il proseguimento di ciò che è avvenuto un anno e mezzo fa con l'incarico a Monti.
In questi giorni, così intensi e così delicati, si sono avute dichiarazioni roboanti sulla costituzionalità della rielezione di Napolitano. Molti soggetti hanno parlato di Golpe, altri di Golpettino, altri ancora di Golpe bianco. Ma è così o il tutto è stato deciso nel solco della Costituzione Italiana? Lo chiedo al Professore di diritto costituzionale presso l’Università di Roma Tre, Massimo Siclari, componente fino all’anno scorso del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti.
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