Educazione strumento di democrazia – brevissima (ed incompleta) storia del dibattito contro la partecipazione democratica in Italia
La democrazia è il popolo. La scheda elettorale e l’apparato per votare non significano automaticamente l’esistenza della democrazia
Thomas Sankara
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Nel primo decennio del Novecento, in Italia si discute dell'allargamento del corpo elettorale; interessi diversi premono per ampliare il numero di cittadini (maschi, ovviamente) a cui estendere il diritto di voto, che è ancora considerato esercizio di una capacità e non diritto soggettivo.
Da il manifesto del 27 ottobre 2016
Cgil dice No con Smuraglia, Montanari e De Siervo
La Cgil muove e fa il tutto esaurito al teatro tenda oggi Obihall, con 1.500 persone che non risparmiano gli applausi per Carlo Smuraglia, Tomaso Montanari e Ugo De Siervo, sul palco insieme a Susanna Camusso per l’iniziativa “Perché No al referendum”. “Noi chiediamo agli iscritti della Cgil di votare No – spiega la segretaria generale – ma non lo imponiamo, e lo abbiamo deciso democraticamente con i nostri organismi. Così come democraticamente non impediamo ad alcuni nostri iscritti di votare Sì. C’è bisogno di un grande esercizio di democrazia. Mentre nella seconda parte della Costituzione, così come è stata riscritta, si abbassa il livello di partecipazione”.
I tentativi di riforma costituzionale in Italia, almeno negli ultimi vent’anni, si sono sempre purtroppo distinti per tre sgradevoli caratteristiche: un allontanamento dai principii antifascisti, un grave errore di prospettiva, il contenere pressoché sempre proposte di destra.
A partire dalla Rivoluzione francese la sinistra politica ha sempre difeso la forma parlamentare unicamerale, fedele al principio che la sovranità popolare è indivisibile. Per questa ragione nel 1946 socialisti e comunisti si presentarono alla Costituente chiedendo il monocameralismo. La Dc e il Pli chiedevano invece, accanto alla Camera bassa, un Senato delle professioni, delle corporazioni e del notabilato. Il compromesso fu il bicameralismo paritario, con l’aggiunta di cinque senatori a vita di nomina presidenziale e, per la I Legislatura, di alcuni senatori di diritto.
Sotto questo aspetto la riforma Boschi rappresenta non lo stravolgimento, bensì al contrario l’effettivo e pieno sviluppo della Costituzione antifascista. Vedremo, più avanti, il perché.
I motivi del no alla riforma costituzionale
Daniele Sterrantino e Chiara Del Corona
Il primo marzo, si è tenuta a Lastra a Signa la prima riunione del Comitato per il No alla riforma Costituzionale, sulla quale i cittadini sono chiamati a esprimersi il prossimo ottobre. Daniele Sterrantino (RFC) e Matteo Gorini (Sinistra Italiana) hanno delucidato in maniera approfondita i punti cruciali della Riforma del Senato e chiarito i perché di un voto contrario a tale riforma adducendo motivazioni che quasi sempre vengono occultate o mascherate dalla propaganda del governo e dalla comunicazione mediatica main stream. Anche la campagna referendaria che partirà per promuovere il voto favorevole alla riforma sarà probabilmente tutta giocata all’insegna di una strumentale retorica efficientista che elogia il fare del governo e farà passare coloro che mettono invece in luce le ragioni per cui essere contrari a tale riforma, come i soliti “gufi” disfattisti che ostacolano ogni tentativo funzionale alla ripartenza del paese.
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