Il nostro perché
Come molti di voi sapranno, quando ho chiesto suggerimenti relativamente al contenuto di questo intervento, mi è stato detto di parlare “dell’uomo, del socialismo, del capitalismo”. Generiche e dispersive, queste tematiche solo in fase esplorativa richiederebbero ore e ore di discussione, ma sono in realtà anche un ottimo punto di partenza per una piccola riflessione del rapporto che lega la realtà sociale con Il Becco e il suo progetto.
Uomo, socialismo, Capitalismo. Indubbiamente l’unico di questi concetti a godere di una certa salute è il terzo: capitalismo. L’uomo è stato modernamente lacerato nella sua identità individuale, ormai in frantumi o liquefatta, le sue fondazioni metafisiche che lo consideravano soggetto ordinatore razionale del mondo, autocosciente, libero e autonomo sono state prima messe in crisi dai “filosofi del sospetto” e poi disintegrate dalle filosofie strutturaliste e post-strutturaliste; anche il socialismo, con la caduta del Muro di Berlino, quando non considerato un offesa o un insulto, è nel migliore dei casi interpretato come la fine della modernità ovvero come l’infrangersi del sogno di progresso ed emancipazione dell’occidente. A dominare un contesto in cui la storia non è finita ma non sta neanche troppo bene, resta solo il capitalismo.
United Colors Of Commons, il titolo di una tre giorni organizzata per “rigenerare dal basso una nuova idea di società”, al Colorificio Liberato di Pisa. Numerosi gli spazi di riflessione, iniziativa, socialità e dibattito, per provare a tenere insieme una visione di insieme, fatta di proposte ed esperienze concrete.
Come Il Becco siamo stati invitati a partecipare all’appuntamento di sabato (Disinformiamoci: tracce di ricerca per un'informazione desde abajo). Ovviamente eravamo presenti, anche durante gli altri giorni, per ascoltare e capire. Abbiamo preferito non intervenire direttamente perché poco è il vissuto da raccontare e molto è quello che dobbiamo capire, rispetto alle nostre possibilità e capacità.
Molti gli elementi utili che sono emersi, anche in relazione al nostro progetto, a partire dal ruolo di internet (“come il meteorite per i dinosauri, rispetto alla carta stampata”, per usare le parole di Ramonet che sono state citate).
Gli esempi concreti sono molti e altri vengono richiamati (come nel caso di la Repubblica, nel pieno della crisi della carta stampata ma incapace di andare in attivo anche con il proprio sito, nonostante le numerose visite). La chiusura di Carta, Liberazione e la situazione de il manifesto raccontano di un terremoto che ha fatto crollare anche un pezzo della sinistra italiana.
Gigi Sullo (DKm0) parla di un modello che deve essere completamente ripensato, creando proposte editoriali che abbiano il loro cuore sul web e utilizzino il cartaceo come stampella o supporto (evitando la trappola della distribuzione nelle edicole).
Gli fa eco Anna Pizzo (sempre di DKm0), che torna sulla necessità di rinunciare a quelle che chiama "resistenze culturali e ideologiche del mondo dell’informazione", evidenziando la peculiarità di una filiera i cui meccanismi sono di difficile comprensione e sostanzialmente non controllabili.
Il Collettivo Desinformemonos esce dall’Italia, descrivendo un progetto che dal 2009 ad oggi ha messo insieme giornalisti, attivisti ed intellettuali dei movimenti sociali di molti paesi nel mondo (dal Messico all’Italia, dal Giappone alla Grecia, passando per quasi tutti i continenti). Il punto di forza è il rifiuto del potere, attraverso un giornalismo di base che rifiuta il principio della neutralità (e quindi dell’obbiettività), facendo della comunicazione anche una forma di organizzazione delle varie forme di resistenza e protesta.
Ci sono realtà di “altra economia” (Comune.info) che hanno sentito la necessità di non farsi raccontare ma dirsi direttamente, creando una comunità virtuale che è rete di esperienze e non soggetto, necessaria per superare definitivamente l'idea di chi crede che forme di economia alternative siano un passatempo, anziché un’alternativa. Ci sono poi esperienze di “altra politica” (AltraCittà), nate nelle politiche amministrative, fuori dai partiti. In entrambi i casi emerge la necessità di uscire dall’arcipelago di “isole”, provando a costruire un sistema che viva nella complessità delle numerose esperienze nate, guardando a un modello di sostenibilità economica fatto di appuntamenti di autofinanziamento e sottoscrizioni che facciano dei lettori parte attiva (coinvolta) dei progetti di informazione e comunicazione.
Vilma Mazza interviene per Global Project ma ha una storia che viene dalle radio libere. Insiste sulla necessità di utilizzare la multimedialità, facendo dell’informazione di parte una pratica capace di finanziarsi con appuntamenti come quello del festival di Sherwood, che ha dietro 30 anni di attività.
Si evidenzia la necessità di non rinchiudersi nell’illusione dell’autosufficienza, accentando l’idea della parzialità di ogni progetto, da collegare ad altri, rifiutando la pratica dell’autoinganno, che talvolta accompagna alcuni movimenti.
IlCorsaro.info evidenzia il rischio di far dipendere l’informazione da singoli canali economici: se agli inserzionisti pubblicitari si sostituisce un partito o un movimento, il problema del riferimento ai finanziatori, anziché ai lettori, resta immutato.
Altri interventi (come quello legato alla Val di Susa) hanno toccato il tema della territorialità.
Sono poche le risposte definite che sono emerse, su come definire il mestiere del giornalista e come rendere praticabile l’informazione come professione, senza diventare voce di qualche padrone. Il quadro sullo stato attuale è però stato disegnato in modo preciso. Comprendere la realtà e riuscire a porsi le domande giuste è il punto di partenza per ottenere delle risposte.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).