Chi ha soldi da spendere verso il privato (con quello “sociale” in gran spolvero), chi non ne ha si accontenti di quello che passa il convento del pubblico. Anche la sanità toscana, per anni fiore all’occhiello dei sostenitori del servizio pubblico universalistico contrapposto al modello sussidiaristico lombardo-veneto — con parità di efficienza – ha cambiato verso. Così la pensano tutti i gruppi di opposizione nel nuovo Consiglio regionale, pronti a sottoscrivere all’inizio dell’estate i quesiti presentati dal Comitato per la sanità pubblica, per un referendum abrogativo della legge di riordino del sistema sanitario toscano.
Vorrei oggi provare a parlare di università. Non voglio farlo elencando dati su dati per dimostrare quanto le facoltà italiane siano, per i più disparati motivi, diventate poco attrattive e sostenibili per ragazzi e famiglie italiani (non si registravano dati delle immatricolazioni così bassi da un quarto di secolo). Voglio provare a dare un senso al nervosismo che provo tutte le volte che spiego a mia mamma, casalinga con la terza media, che mondo si apre alle sue tre figlie quando ogni sei mesi paga migliaia di euro per le tasse universitarie.
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