Ok, vediamo un po’ di ricordare… Sapete come è? Dopo un po’ la memoria comincia a far brutti scherzi e sommi fatti, anni, eventi in anni sbagliati o del tutto inventati. Facciamo così, avevo dodici anni, sto parlando del 1988. Dodici anni, sissignore. Già allora mi annoiavo, prestavo poca attenzione, ero un mix micidiale di goffaggine e deconcentrazione. Guardavo spesso fuori dalla finestra della mia classe. Non che ci fosse qualcosa di bello o giusto da vedere nella strada sottostante. Non c’è nulla di bello e giusto in certe zone dabbene e laboriose. Tanta noia, un dio brontolone, la paura del diverso e del vicino. Non dico siano cose terribili da sostenere, ci puoi vivere benissimo. Una vita dignitosa, produttiva, ordinaria. Una vita di conti e conti in banca. Questo è quanto, uomo.
La letteratura di genere per me è il miglior mezzo possibile per descrivere il contesto storico-politico di una società. Certo i saggi politici, storici, economici, sono precisi e profondi nell’analisi e nella riflessione. Essi ci danno informazioni preziose e alla base c’è un grande lavoro fatto di studio, ricerca, tutte cose molto belle. Ma se davvero tu volessi vivere l’odore della notte, una lunga notte delle coscienze, dell’umana pietà, della deriva che ci circonda e della miseria del genere umano, nulla funziona meglio di un ottimo romanzo di genere.
Quella che segue non è una recensione. Purtroppo le condizioni materiali impediscono di trovare il tempo necessario per poter scrivere del rapporto tra i romanzi di Wu Ming e la storia, o anche solo per analizzare la realtà richiamata dall’ultima opera proposta al pubblico dal collettivo, Proletkult. Sono solo alcune considerazioni sparse, opinioni di un sedicente comunista, aggrappato alla speranza di avere un’identità politica aperta e alla ricerca di un contesto in cui quest’ultima possa recuperare un senso riconosciuto.
Ancora su sessismo e censura: di rappresentazioni e interpretazioni
Verrebbe sempre voglia di sperare, magari in maniera un po' ingenua, che dopo tutte le discussioni e tutti i dibattimenti che in questi ultimi anni ci sono stati intorno a quali contenuti siano o meno appropriati o accettabili nell'arte, si sia giunti alla conclusione che la censura, anche quando operata con le migliori delle intenzioni, sia in ambito artistico sempre una cattiva idea. L'arte, verrebbe voglia di sperare, deve essere – dovrebbe essere – libera da tutti i vincoli che può essere legittimo imporre in altri ambiti, come il dibattito politico o il giornalismo; non dovrebbe esserci comportamento o aspetto dell'animo umano, per quanto controverso o aberrante, che le sia impedito di esplorare.
Lo sbirro è un mestiere come un altro. Il pensiero più pericoloso da avere quando si pensa alle forze dell’ordine. In tempi di riforme promosse dal Governo Renzi appare difficile ricordarsi che attorno alla sfera del potere si colloca il monopolio della forza.
Una divisa non è un costume: rappresenta lo stato, qualsiasi cosa sia diventata questa entità nazionale prevista dalla Costituzione, nel XXI secolo.
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