Riccardo Gazzaniga è sovrintendente della Polizia del IV reparto mobile di Bolzaneto. Lavora nella caserma dove si è scritta, nel 2001, una delle peggiori pagine della storia contemporanea italiana. Dopo aver pubblicato diversi racconti vince il Premio Calvino nel 2012, per poi arrivare a pubblicarlo con Einaudi.
A viso coperto è un romanzo corale dove si incrociano le vite di ultras e lavoratori della pubblica sicurezza. Nel libro si cerca di rimanere equidistante dai due universi, ancorandosi alle esistenze dei diversi personaggi e provando a sottolineare un comune distacco dei singoli rispetto al sistema. La violenza come espressione di esistenze provate dalla quotidianità. Un microcosmo, quello degli scontri agli stadi, avulso dal resto della società ma frutto della stessa.
Il filtro è inevitabilmente quello dell'autore, uno studente di liceo classico arruolato in polizia, con posizioni progressiste, in passato legato al Silp-Cgil. Un agente impegnato ad interrogarsi su quanto accade attorno alla sua esistenza, con il G8 ligure pronto ad emergere in diversi capitoli.
Alcuni elementi di ingenuità e semplificazione ricordano la natura narrativa del libro, come la comunista a cui piace Vendola o alcuni dialoghi poco convincenti.
In oltre 500 pagine il romanzo si attesta su un buon livello qualitativo, raccogliendo detriti di dolore, sofferenza e sfruttamento.
Chi non conosce il mondo del tifo organizzato dovrebbe tener presente che a scrivere è uno che sta dall’altra parte, per cui è meglio tralasciare qualsiasi pretesa di apprendimento sociologico. Le dinamiche di appartenenza e il rapporto tra singolo, famiglia e sistema sono quelle più interessanti.
Si cerca di indagare l’uomo, di capire come si possa a finire a rischiare la vita vicino ad uno stadio. Una parzialità del punto di vista, esclusivamente maschile, capace di far venire meno diversi luoghi comuni.
Non ci sono buoni e cattivi. Trasversalmente alcuni elementi trapassano lo schieramento della celere e quello dei tifosi: politica, qualunquismo, sentimenti, difficoltà familiari. La persona, vittima della quotidianità, incapace di comunicare con chi gli sta intorno e rifugiata nelle liturgie di gruppo.
Il partito della Polizia del giornalista genovese Marco Preve è tra i libri di denuncia del sistema di omertà che circonda le forze dell’ordine, volutamente tenute al di fuori di equilibri liberali e democratici. Un punto di vista interno è utile integrazione di inchieste e saggi, anche se espresso in forma di romanzo.
Per quanto si cerchi di essere neutrali, chi fa il poliziotto e non cambia mestiere non potrà che difendere il proprio lavoro: farlo considerando le contraddizioni della propria condizione è però cosa rara, anche fuori dalle forze dell’ordine.
Immagine tratta da www.riccardogazzaniga.com