Ok, vediamo un po’ di ricordare… Sapete come è? Dopo un po’ la memoria comincia a far brutti scherzi e sommi fatti, anni, eventi in anni sbagliati o del tutto inventati. Facciamo così, avevo dodici anni, sto parlando del 1988. Dodici anni, sissignore. Già allora mi annoiavo, prestavo poca attenzione, ero un mix micidiale di goffaggine e deconcentrazione. Guardavo spesso fuori dalla finestra della mia classe. Non che ci fosse qualcosa di bello o giusto da vedere nella strada sottostante. Non c’è nulla di bello e giusto in certe zone dabbene e laboriose. Tanta noia, un dio brontolone, la paura del diverso e del vicino. Non dico siano cose terribili da sostenere, ci puoi vivere benissimo. Una vita dignitosa, produttiva, ordinaria. Una vita di conti e conti in banca. Questo è quanto, uomo.
Martedì 11 aprile si chiude in bellezza la rassegna di prosa del “Teatro della Arti” di Lastra a Signa con due grandissimi volti del teatro italiano: Glauco Mauri e Roberto Sturno, accompagnati dalle suggestive musiche composte ed eseguite da Giovanni Zappalorto.
La breve favola di Gotthold Ephraim Lessing, “il Canto dell’Usignolo”, diventa lo spunto metaforico e il filo conduttore per dare voce, e canto, a colui che nella sua immensa opera ha scandagliato tutti i sentimenti, tutte le emozioni, tutte le sfaccettature e le miserie umane: William Shakespeare. Dall’amore alla morte, dalla vendetta al perdono, dalla tragicità e brutalità del reale alla delicatezza eterea e fiabesca del sogno, Shakespeare più di ogni altro forse ha dipinto l’essere umano nella sua abissale complessità.
Di Clelia Incorvaia
Rosa Balistreri: un fiore siciliano in Toscana.
Si racconta di un fiore capace di sopravvivere all'arsura, di un fiore capace di rigenerarsi e fiorire al primo alito di vento. È la rosa del deserto. Non a caso, in gergo, si definisce "rosa del deserto" qualcosa di straordinario, di raro. Non è da tutti, infatti, imporsi nonostante le avversità; non è da tutti fiorire in un terreno generalmente arido. Rosa Balistreri l’ha fatto. Rosa non era una semplice cantante. Era molto di più. Era una stornellatrice in lotta con il mondo che ha fatto della disperazione il leitmotiv della sua produzione artistica. Era una cantastorie analfabeta, che nonostante non sapesse né leggere né scrivere, si è resa autrice di un capitolo culturale di altissimo pregio. È stata una donna, una mamma, una figlia, una siciliana profondamente ancorata a quella mentalità bigotta e codina che denunciava, invincibilmente legata a quel tessuto familiare e sociale violento che la costrinse a cercare il successo altrove, in Toscana, dove visse per dodici anni con il pittore Manfredi, dove incontrò artisti quali Mario De Micheli, Ignazio Buttitta, Dario Fo. Rosa, la ‘’picciriddra’’ che ha avuto il suo primo paio di scarpe a quindici anni, ne ha fatta di strada, nonostante tutto.
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