La biodiversità nazionalista e un occhio del pesce finto
I miei nonni sono due proletari torinesi. Poiché fino a tempi recenti trovare del pesce fresco decente ed accessibile a Torino era un’ambizione contro ogni legge della probabilità, i miei nonni surrogavano con il cosiddetto pesce finto. Dicesi pesce finto un laterizio semicommestibile a base di patate, una dose omeopatica di tonno sott’olio e maionese come legante, modellato grossolanamente a forma di pesce con sottili fette di verdura a fare le scaglie, e con mezza oliva o un ravanello posto a fare l’occhio.
Il termine “biodiversità” è esattamente come il ravanello che fa da occhio al pesce finto: messo nel posto giusto fa la sua figura, ma fuori contesto sa decisamente di poco e non serve a granché.
Recentissima la notizia del primo sciopero nel punto vendita fiorentino di Eataly, proclamato dai COBAS – si legge – per contestare “il mancato rinnovo dei contratti di somministrazione in scadenza, la mancata stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, le condizioni di lavoro, la totale arbitrarietà dell'azienda nell'organizzazione del lavoro, il rifiuto da parte dell'azienda ad un qualsiasi confronto con i lavoratori”.
Dopo che Vittorio Zucconi, dall'alto del suo scranno di responsabile dell'edizione online di Repubblica, ci ha spiegato che se è vero che lavorare per due euro l'ora fa un po' schifo, è altrettanto vero che bisogna accettare e in silenzio perché nessuno ci offre di meglio, ecco che spunta Sting.
L'ex frontman dei Police ha deciso si sostenere le spese della sua azienda a Figline Valdarno cercando volenterosi disposti a rimboccarsi le maniche e a lavorare nella stagione della raccolta delle olive e della vendemmia. Pagando 262 euro. Anzi, se vogliamo dirla tutta l'offerta è stata fatta in sterline, per aggiungere un tocco esotico. Resta il fatto che stia cercando gente che sia disposta ad andare a Figline Valdarno sborsando 262 euro per lavorare nei campi.
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