La Prefettura di Fukushima ha un futuro nella produzione di energie rinnovabili? Forse sì ma i risultati sono ancora largamente insufficienti. Le tre pale eoliche (due da 2 megawatt ed una da 7) piazzate in mare a largo di Naraha – nell'ambito di un progetto sovvenzionato dal Ministero dell'Industria – stanno infatti producendo meno di quanto previsto in fase di installazione. A costruire il tutto, per una spesa complessiva di 58,5 miliardi di yen, un consorzio di industrie che vede la partecipazione di Mitsubishi Heavy Industries e Marubeni. Non è ancora chiaro se il progetto andrà avanti: “prima vediamo che risultati daranno i test” ha affermato il ministro competente.
Il Giappone punta ad ottenere entro il 2030 un quinto della propria energia elettrica prodotta da nucleare. Il dato emerge dalla bozza del piano energetico nazionale messo a punto da un tavolo consultivo del Ministero dell'Economia, Commercio e Industria. Il nuovo piano sostituisce quello realizzato nel 2014 e prevede la rimessa in esercizio di 30 reattori per raggiungere una percentuale tra il 20 ed il 22% di energia elettrica da nucleare. Allo stato attuale sono soltanto otto i reattori rimessi in funzione, ciò è dovuto alle rigide normative di sicurezza approvate dopo la catastrofe di Fukushima.
Lo stato del consumismo e del lavoro, fra Black Friday e sciopero Amazon
24 novembre 2017, Black Friday, il giorno consacrato agli sconti e allo shopping. In una società su cui pesano enormi problemi quali la crisi e la disoccupazione, non ci si risolve a spendere meno nel senso di limitare consumi superflui quali vestiti o tecnologia, ma si pretende di spendere meno in termini di costi della merce.
Si aspetta di poter avere "più a meno" senza accorgerci, o meglio non volendosi accorgere, che se compriamo 100 pezzi a 1€ (ovviamente sto esagerando) spendiamo la stessa cifra di quando ne acquistiamo uno soltanto a 100€. Quindi, alla fin fine, tutto questo risparmio non c'è: magari anzi, presi dal demone dello shopping siamo portati ad acquistare oggetti su cui, in un normale "white" Friday, avremmo soprasseduto perché consci di non averne bisogno.
La lotta di classe passa da Amazon?
Nel tardo capitalismo in cui siamo immersi ci troviamo davanti a fenomeni in cui persino l’acquisto di merci diventa frenetico al punto da essere ossessivo e compulsivo (si è arrivati nel giro di un anno a ridurre di due secondi la frequenza tra un ordine on-line e l’altro, vedi qui). Il Black Friday, nato negli Stati Uniti negli anni Ottanta è divenuto un fenomeno globale grazie all’e-commerce e tende ad estendersi come esplosione di delirio consumistico globalizzato. D’altra parte l’economia capitalistica è sempre più simile ad un cuore in fibrillazione, per cui si assiste a dei picchi impressionanti di domanda in brevissimi spazi di tempo seguiti da crolli impressionanti della bubble economy (si veda il fenomeno dei Bitcoin).
L'opinione pubblica li conosce soprattutto per via degli scontri che ripetutamente avvengono davanti ai cancelli Granarolo, dove i picchetti fino a qualche settimana fa si ripetevano ormai con cadenza settimanale. Così, se oggi per molti lavoratori rivendicare il CCNL e il diritto ad essere lavoratori sindacalizzati può risultare un aspetto secondario, superfluo, se non addirittura sconveniente, molte responsabilità vanno attribuite ai mainstream che si dimenticano di riportare le ragioni che stanno dietro agli scontri.
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