Venerdì, 31 Gennaio 2014 00:00

Logistica: lotta di classe, intimidazioni mafiose e nuove prospettive

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L'opinione pubblica li conosce soprattutto per via degli scontri che ripetutamente avvengono davanti ai cancelli Granarolo, dove i picchetti fino a qualche settimana fa si ripetevano ormai con cadenza settimanale. Così, se oggi per molti lavoratori rivendicare il CCNL e il diritto ad essere lavoratori sindacalizzati può risultare un aspetto secondario, superfluo, se non addirittura sconveniente, molte responsabilità vanno attribuite ai mainstream che si dimenticano di riportare le ragioni che stanno dietro agli scontri.

La lettura parziale è poi evidente quando si cercano informazioni dettagliate dall'unica fonte (padronale) che non si limita ai bollettini del MinCulPop televisivo (rif. il Sole 24 Ore, qui), figuriamoci poi come può essere dipinta una lunga serie di scioperi e picchettaggi rivolti ad ottenere il reintegro di 51 lavoratori licenziati a maggio dal consorzio di cooperative Sgb (un gruppo che concentra gli appalti del settore e procura facchini a basso costo per le imprese che possono far crescere gli utili giocando sulla manodopera con facilità).

Anche stavolta la compattezza della classe operaia non è venuta meno e si è continuato a richiedere che l’accordo che prevedeva il reintegro di 23 dei 51 lavoratori – licenziati per aver scioperato contro un illecito taglio in busta paga del 35% per “motivi di crisi” – venisse rispettato, oltre a cercare di strappare un impegno a ridiscutere la posizione dei restanti 28.

Per questo i lavoratori della Granarolo, a partire dal 20 gennaio, hanno deciso di costituire un presidio permanente che non hanno nessuna intenzione di abbandonare, poiché vorrebbe dire abbandonare i propri compagni da cui dipendono i destini di tutti, e questo nonostante le cariche e gli arresti degli scorsi giorni. Il conflitto nella zona è molto più esteso e travalica la Granarolo, infatti se si sposta lo sguardo si scopre che in tutto il sistema della logistica circostante ci sono vertenze aperte all'interno di un meccanismo ai limiti della legalità che Fabio Zerbini aveva contribuito a denunciare.

I lavoratori stessi hanno ripetutamente fatto riferimento a metodi di reclutamento e gestione della manodopera in pieno stile mafioso. Quest'attività di denuncia e rivendicazione è finita per essere l'origine del pestaggio avvenuto il 14 gennaio del delegato Si Cobas, attirato in una trappola e pestato a sangue. La natura mafiosa della bastonatura di Zerbini conferma in qualche modo che le denunce ripetutamente lanciate sui legami con la mafia nel sistema delle cooperative erano alquanto ben indirizzate.

Nella video-intervista riportata su Il Fatto Quotidiano il delegato conferma in qualche modo la penetrazione capillare della mafia all'interno delle cooperative e del sistema degli appalti a tal punto da essere ormai “coessenziale” e “parte organica” della logistica (vedi qui).

Il volume di Giovannelli da cui estraggo un passaggio ci riassume in poche righe la portata del fenomeno mafioso, aiutandoci a capire un punto fondamentale della penetrazione mafiosa, inevitabilmente legata alla scellerata gestione della manodopera migrante:

“Le cooperative del caporalato cedono energia lavorativa nei servizi, riciclando e ripulendo il denaro, con utili da capogiro. La criminalità si pone al centro del processo di estrazione della ricchezza, con le braccia e con il riciclaggio del denaro, partecipa al controllo complessivo; tiene sotto esame l'uomo e il prodotto, la vita dei singoli soggetti e il profitto. Il solo fenomeno dei flussi di migrazione supera quantitativamente quello della schiavitù nel tempo dello sviluppo mercantile; e la potenza di chi lo gestisce è assai superiore a quella dei loro predecessori, che, al confronto, erano poco più che artigiani.”

G.Giovannelli - “Democrazia criminale”, Ed. Mimesis, Milano, 2009

Dall'Assemblea Nazionale dei Si Cobas, svoltasi pochi giorni dopo la drammatica aggressione, sono stati rilanciati i due obiettivi basilari sui quali continuare a incentrare la lotta politico-sindacale: “L'imposizione generalizata del CCNL di categoria in tutte le fabbriche e in tutti i magazzini, e lo smantellamento del sistema delle cooperative”, al fine di “travalicare i confini della categoria (i facchini)” ed inserirsi in rivendicazioni di più ampia portata. Dunque, come hanno ribadito: “Nessun passo indietro!”, la lotta per “dignità, diritti e lavoro” prosegue in ogni settore (nei giorni delle festività il picchettaggio è arrivato fin davanti agli hotel).

La neve inizia a cadere sul bolonese e il freddo si farà pungente per i compagni accampati fuori dallo stabilimento; per ora c'è la soddisfazione per la liberazione di Garib e Redouan arrestati nei giorni degli scontri a motivare i lavoratori in lotta che continuano a ribadire: “se toccano uno toccano tutti, pagherete caro e pagherete tutto”.

Organizzati in collettivi o tramite i centri sociali gli studenti, i precari e i disoccupati non fanno mancare supporto e organizzazione e, continuando a sostenere il presidio dei lavoratori, ripetono la pericolosa frase: “siamo tutti facchini!”. Proprio mentre in Grecia il Kepe (Centre of Planning and Economic Research ) inizia a parlare di “esportazione di giovani disoccupati” e di “assumere giovani disoccupati fino a 24 anni senza corrispondere loro uno stipendio per un anno”.

Nel frattempo davanti al nuovissimo stabilimento del colosso Amazon di Castel San Giovanni (PC) aperto a fine 2011 e in cui, come da filosofia di Jeff Bezos, i sindacati non possono entrare, sono partiti i volantinaggi, le inchieste e le interviste ai lavoratori, volte ad indagare le condizioni che concretamente si vengono a creare all'interno di questi stabilimenti. Il tentativo ambizioso è quello di riportare lotta e conflitto laddove questo viene espulso con la coercizione, come è stato per i casi della logistica romagnola. Di seguito i link dell'intervista in forma anonima, qui, e il volantino distribuito all'ingresso dai Nap, qui.

Foto presa liberamente da www.infoaut.org

Ultima modifica il Mercoledì, 29 Gennaio 2014 22:32
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

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