È evidente il rischio di una drammatica escalation che, vista la disparità delle forze in campo, diviene immediatamente un massacro. Un acuirsi del conflitto che rischia di espandersi e coinvolgere anche i paesi limitrofi, sopratutto il Libano e la Siria.
2) Abu Mazen ha parlato di un “genocidio”.
Come dicevo non si può non considerare la sproporzione delle forze in campo, ma neanche la sproporzione delle ragioni: da un lato c'è la disperazione del popolo palestinese che si vede privato della possibilità di vivere in libertà nella propria terra e un terrorismo che prospera su quella disperazione e sulla violazione del diritto; dall'altro c'è l'esercito, tra i più preparati e tecnologici del mondo, di un governo che ha scientificamente scelto di perpetrare quelle violazioni del diritto. Il risultato è un massacro, una strage che non guarda in faccia nessuno, uomini, donne, bambini... Oggi (il giorno dell'intervista n.d.r.) a Beit Lahya l'aviazione israeliana ha colpito un orfanotrofio, uccidendo tre bambini.
3) Ed è iniziato tutto col rapimento e l'uccisione di tre ragazzi israeliani.
Il processo di pace era già compromesso quando Netanyahu ha deciso di non fare concessioni sui prigionieri politici e sugli insediamenti coloniali. La morte di tre ragazzi barbaramente uccisi non può che destare dolore ed è normale che lasci nello sconforto un intero popolo. Ma in uno stato di diritto si ricercano i colpevoli, si processano e, nel caso, si condannano. Non può esserci giustificazione per l'uso della violenza indiscriminata, rivolta contro civili. Questa si chiama rappresaglia. Netanyahu ed il governo israeliano stanno colpendo tutti gli abitanti della striscia di Gaza per far fronte a dinamiche di politica interna, e con la loro violenza alimentano il terrorismo e generano ulteriore violenza.
4) Cosa si dovrebbe fare adesso?
Ci si deve immediatamente adoperare per un cessate il fuoco e aprire immediatamente un corridoio umanitario verso Gaza e la Cisgiordania oltre a permettere la libera circolazione dei palestinesi sotto assedio. E poi far tornare la voce della mediazione al posto delle grida delle bombe. Far tornare la politica: continuare a confidare nell'unità palestinese come presupposto per un dialogo più stabile con Israele; attivare tutti i canali di mediazione necessari per tornare a tessere i fili difficili della pace, per arrivare ad una soluzione condivisa.
5) Due popoli due stati?
È l'unica soluzione possibile oltre che giusta. Il riconoscimento di Israele e la creazione di uno stato palestinese sono il presupposto per una pace duratura e stabile in medio oriente. Ma c'è bisogno dello sforzo di tutti, in primis del governo israeliano e della comunità internazionale. L'alternativa è la guerra indiscriminata e le agenzie con i desolanti numeri dei morti che continuano a salire. Ma il governo israeliano non è minimamente interessato a una risoluzione del conflitto, e la comunità internazionale colpevolmente tace.
6) In tutto questo qual'è il ruolo che immagina per l'Italia?
L'Italia è in un imbarazzante silenzio, ma più che l'Italia un ruolo dovrebbe averlo l'Europa. Come Sinistra Ecologia Libertà ci siamo attivati immediatamente con ogni mezzo a nostra disposizione: una nostra delegazione ha incontrato l'ambasciatrice palestinese in Italia, e abbiamo subito chiesto al governo di riferire in aula. In queste ore ci stiamo mobilitando in tutto il paese contro la guerra e per una soluzione diplomatica del conflitto. La presidenza italiana dell'Unione Europea può essere un'opportunità da questo punto di vista.
7) Si fa il nome di Federica Mogherini come prossimo Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri.
Guardi, non credo sia un problema di nomi. È un problema di volontà politica. Sarebbe necessario che l'Unione Europea si avviasse davvero ad avere una politica estera comune. E' insopportabile che l'Europa nata dalla ceneri di una guerra tremenda e devastante non trovi un'unica voce quando si tratta di difendere la pace ed i diritti.
Immagine liberamente tratta da ilmanifesto.info