Come che siano andate le cose, paiono comunque evidenti le reciproche intenzioni, una più pericolosa dell’altra. Quella del regime siriano è di evitare di trovarsi a gestire, come invece tende ad accadere, una ridotta porzione del territorio siriano, rappresentata dalla metà meridionale della sua metà occidentale, dalla striscia costiera e dal suo immediato retroterra (sotto stretto controllo russo), dal corridoio che a nord porta verso Aleppo nonché da questa città (quasi tutto il nord-ovest essendo invece in mano all’ELS, alla Turchia, ecc., e l’est sempre più all’FDS). Una tale prospettiva renderebbe inevitabile, al termine del conflitto o ancor prima, la fine del regime, l’esilio di Assad, ecc., probabilmente anche con il consenso di Russia e Iran. Mentre l’intenzione, quanto a Trump, pare ormai essere il controllo stabile, per il
Bombardamento statunitense in Siria: monito o premessa?
Dopo mesi di combattimenti in cui la fortuna bellica stava gradualmente iniziando a sorridere ad Assad e al suo alleato russo a danno dei ribelli sia "moderati" che islamisti, nella notte fra il 6 e il 7 Aprile gli Stati Uniti hanno lanciato il primo attacco deliberato contro obiettivi militari del governo siriano, rimescolando nuovamente le carte di una crisi regionale sempre più allarmate.
Il pretesto, un bombardamento che si presume condotto dall'aviazione governativa nella provincia di Idlib con armi chimiche e che ha causato la morte di almeno 86 persone, ma le cui dinamiche e responsabilità sono ancora tutte da verificare, ha portato l'amministrazione Trump a spingersi su posizioni interventiste incassando l'immediata approvazione di Ankara e di molti leader europei. Molto dura invece la Russia che parla di violazione illegittima della sovranità nazionale.
Resta da capire se si tratti solo di un attacco dimostrativo oppure se Trump abbia veramente l'intenzione di aprire un fronte militare in una zona delicatissima del pianeta, in un paese martoriato e diviso in cui si scontrano gli interessi geopolitici delle principali potenze mondiali.
Il quadro mediorientale ha preso da qualche settimana a cambiare tutta la sUa parametratura; al tempo stesso le sue prospettive continuano ad apparire indeterminate. L'evoluzione di tale quadro ha il suo evento decisivo nella vittoria di Aleppo da parte del regime siriano, della Russia, dell’Iran e dei loro alleati minori.
A essa ha corrisposto una serie di fatti politici di grande portata, su iniziativa della Russia. la capacità di iniziativa degli stati Uniti, di converso, dato anche il risultato delle lezioni presidenziali, che già era debolissima e incoerente è precipitata a zero, essi sono stati addirittura esclusi da parte russa, finché sarà presidente Obama, dalla discussione in avvio sulle sorti politiche e istituzionali della Siria.
La tragedia del Medio Oriente a una svolta?
L’editoriale di martedì 6 ottobre sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mieli svolge un ragionamento condivisibile salvo però tacere su un punto fondamentale. È inoltre un ragionamento simile, a volte in modo determinato a volte on cautela, a quello di una buona parte delle forze di governo e dei mass-media occidentali (altrimenti Mieli se ne starebbe stato tranquillo a scrivere d’altro). Si tratta di una critica molto netta alle posizioni di Obama verso la crisi mediorientale e in particolare verso il versante siriano di questa crisi. Se l’ISIS (Daesh, l’ISIL, lo Stato Islamico) merita, per ciò che è, ciò che fa e ciò che vuole realizzare, di essere paragonato al nazismo, allora, argomenta Mieli, gli Stati Uniti dovrebbero orientarsi a praticare la medesima linea che praticarono facendo guerra al nazismo: l’alleanza con la totalità delle forze antinaziste.
Partita insieme ad altre primavere (ma le coincidenze iniziano e finiscono con questo aspetto temporale) la vicenda siriana lungi dal risolversi si complica ogni giorno che passa. Alle iniziali proteste, alcune giustificate da alcuni aspetti anacronistici del sistema siriano come la legge di emergenza in vigore dal '63, sono ben presto seguite azioni armate che hanno trovato il pronto sostegno di nazioni estere.
Il conflitto durante il proprio sviluppo ha visto l'intrecciarsi - parallelamente al crescere dell'intensità dei combattimenti ed alla loro estensione su tutto il territorio siriano – di nuovi nodi: gli scontri etnici (ed in particolar modo la questione curda), l'affermarsi dell'estremismo sunnita, le aspirazioni egemoniche della Turchia.
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