Nonostante sia Ferragosto, nonostante con le riforme costituzionali cerchino di far parlare di tutt'altro, alle volte gli scappa proprio. Un po' perché i dati parlano di un'Italia nuovamente in recessione, un po' perché Alfano, con i degni compari, si è sentito un po' messo da parte ed ha ritirato quindi fuori la storia dell'articolo 18 che, secondo Sacconi, “inibisce la propensione ad assumere”.
Un ufficio scolastico territoriale - quelli che un tempo in maniera altisonante si chiamavano “provveditorati agli studi”- di una città di provincia, di quelle ricche e rosse oltre l'appennino. Pomeriggio tranquillo con solo qualche schizzo di pioggia e l'immancabile funzionario di polizia a far da compagnia ai circa trenta docenti riunitisi davanti i cancelli dell'edificio che ospita la locale legazione del MIUR.
Le motivazioni della mobilitazione sono apparentemente incomprensibili, e ognuno che abbia – a qualsiasi titolo – incrociato il lavoro, onorevole e frustrante, dei precari della scuola non potrà che convenire che alcune cose possono capitare solo quando lo Stato smette di garantire il bene comune, abbracciando il ruolo di opportuno miscelatore di interessi e di poteri.
“Il capitale più prezioso di cui disponiamo, il patrimonio più ricco e necessario di cui abbisogniamo per la nostra ricostruzione, è ancora e sempre l’uomo, il <<lavoratore>>.” Giuseppe Di Vittorio, 1944
Questa frase non è scelta a caso. Non è un banale copia/incolla che viene usato tanto per dare un tono all’articolo. La scelta di partire da qui è dettata dall’esigenza che abbiamo sentito di riporre al centro del dibattito alcune questioni di merito che, secondo noi, non possono e non devono più aspettare.
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