La prima parte, rapporti di lavoro e salario qui
3. Gli ammortizzatori sociali
Se a qualcuno oramai fregasse ancora qualcosa di quella roba chiamata costituzione, il tema del welfare si esaurirebbe dando esecuzione a quanto previsto da una manciata di articoli della carta.
L'articolo 2 pone i principi di uguaglianza formale davanti alla legge: tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale”, mentre l'articolo 3 chiarisce il ruolo dello stato nella tutela del cittadino: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica del Paese.
L'applicazione di questo principio dovrebbe portare alla realizzazione di un sistema di sicurezza sociale un po’ più civile della beneficenza, della tutela a carico della famiglia, e magari anche di quei sistemi assicurativi che discriminano i cittadini in base al contratto di lavoro che si ritrovano ad avere nel momento sbagliato della loro vita (malattie, infortuni, invalidità, disoccupazione involontaria, vecchiaia) oppure quando, improvvidi, decidono di farsi una famiglia senza la benedizione del contratto di lavoro subordinato. Per l'articolo 31, infatti, la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi.
Nella realtà, e alla faccia della Costituzione, Il sistema di protezione sociale Italiano nasce per tutelare unicamente l'impiego del capofamiglia, avendo come modello il maschio (eterosessuale) breadwinner, con barriere ai licenziamenti piuttosto che assicurazioni contro la disoccupazione, con scarsissime tutele per le lavoratrici donne (che il sistema così come è costruito incentiva ad uscire dal mercato del lavoro, caricandole della cura dei figli e degli anziani) e affidando alla famiglia il ruolo di unico vero ammortizzatore sociale universale.
Le tutele, in questo paese, appartengono tradizionalmente ai soli lavoratori dipendenti. Qualsiasi lavoratore non abbia un contratto subordinato a tempo indeterminato di questo sistema è un figlio bastardo.
E' per questo che continuare a effettuare correzioni all'impianto esistente è un metodo di lavoro che a noi non piace. Il sistema degli ammortizzatori sociali in questo paese va buttato e rifatto da capo, magari, banalmente, attuando quanto previsto dalla costituzione.
Così come in molti paesi europei, crediamo che un sistema di protezione sociale universale debba essere basato su un'unica assicurazione nazionale, che ogni lavoratore sia obbligato a versare contributi proporzionalmente al reddito, e che le tutele previste dal sistema non facciano distinzioni basata sul tipo di contratto.
La tutela dalle discontinuità reddituali, sia parziali (calo del reddito in costanza di rapporto di lavoro), sia causate dalla sospensione dell’attività lavorativa, deve quindi essere estesa anche ai lavoratori autonomi, e deve valere per tutti il principio che alla tutela del reddito si accompagna il versamento dei contributi figurativi.
Inoltre, alla tutela dei redditi da lavoro deve essere affiancata una tutela del reddito legata alla cittadinanza, coperta dalla fiscalità generale, che assista chiunque si trovi in condizione di difficoltà e che non abbia una copertura assicurativa maturata. Questa copertura deve riguardare anche chi è colpito da malattie con degenza prolungata che allontanano per lunghi periodi dal lavoro.
Una forma di reddito minimo dovrebbe coprire anche i periodi di studio ed il percorso di ricerca del lavoro all'uscita della scuola superiore o dell'università. Una misura del genere avrebbe l'effetto di spezzare il meccanismo del ricatto della precarietà e dei bassi salari, oltre che consentire a chiunque di proseguire il proprio percorso di studi fino alla laurea indipendentemente dalle condizioni economiche familiari.