Le recenti dichiarazioni di Piero Fassino, sindaco di Torino e Presidente ANCI secondo il quale se il Parlamento chiudesse per 6 mesi nessuno se ne accorgerebbe, rappresentano un binomio realtà-provocazione che ha deldrammatico. La centralità del Parlamento sancita dalla Costituzione viene dopo 70 anni messa in discussione e così viene messa in discussione la stessa Repubblica democratica parlamentare (appunto).
Non ci sono parole per descrivere l’attuale dibattito italiano, incagliato sulla questione art.18 dello “Statuto dei lavoratori”. Per gli ambienti liberisti un anacronistico totem ideologico, per gli ambienti sindacali un “faro nella nebbia”.
Il giovane Pop-Premier Renzi, dopo aver vinto le primarie del Partito Democratico senza citare l’art.18 e dopo aver spesso ribadito di “non aver mai trovato un imprenditore che si pone il problema dell’art.18”, ora pare aver cambiato idea paragonandolo ad un vecchio maniscalco che frena l’occupazione e l’economia italiana. Era dai tempi del Governo Monti che non se ne parlava, e già quell’esecutivo, limitò drasticamente la funzione dell’articolo arcinoto, lasciando a discrezione del lavoratore la scelta tra indennizzo e reintegro a causa di licenziamenti per motivi economici.
La morte del diciasettenne Davide Bifolco per mano di un carabiniere lascia un senso di impotenza mista a rabbia. Da quando è accaduto il fattaccio, ognuno si sente legittimato a dire la propria, su chi ha ragione e su chi ha torto.
È certo che Davide, non riposerà in pace, sarà sempre agitato e tirato in ballo per dimostrare che lo Stato non c’è, o peggio che lo Stato uccide e la camorra protegge. Queste le assurde parole dette con rabbia dalla folla di manifestanti che ieri ha voluto ricordare Davide, nel Rione Traiano nel napoletano, terra di spaccio e di illegalità.
Giovanni Falcone, magistrato anti-mafia trucidato da Cosa Nostra, sosteneva che il coraggio “è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa”. La paura in questione è quella provata da parte di uomo minacciato perché fa bene il proprio lavoro, quella paura che ti fa temere per la tua incolumità e per coloro chi ti stanno accanto.
Nulla di tutto ciò - fortunatamente - riguarda il giovane Presidente del Consiglio Matteo Renzi, presentatosi audacemente alla ribalta nazionale come il “rottamatore” di una classe politica abietta, disonesta e inefficiente.
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