Venerdì, 24 Ottobre 2014 00:00

La crisi del parlamentarismo

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Le recenti dichiarazioni di Piero Fassino, sindaco di Torino e Presidente ANCI secondo il quale se il Parlamento chiudesse per 6 mesi nessuno se ne accorgerebbe, rappresentano un binomio realtà-provocazione che ha deldrammatico. La centralità del Parlamento sancita dalla Costituzione viene dopo 70 anni messa in discussione e così viene messa in discussione la stessa Repubblica democratica parlamentare (appunto).

Le caratteristiche affibbiate al nostro Parlamento sono lentezza, paralisi, incapacità decisionale e addirittura vi è anche chi solleva dubbi circa l’effettiva legittimità di quest’ultimo, dato che la legge elettorale che ne ha determinato la composizione (Porcellum è stata giudicata incostituzionale dalla Consulta.

Provocazioni di Fassino a parte, talvolta anche strumentali, il dato tecnico è inconfutabile: su 4000 proposte di legge presentate soltanto 26 vengono approvate, pari allo 0,66% (fonte Openpolis.it). Neanche l’accusa di lentezza può essere contestata dato che mediamente una proposta del Parlamento impiega 245 giorni per percorrere l'iter fino all'approvazione (fonte Openpolis.it). Decisamente troppo tempo se confrontato con le esigenze diuna società immersa nella globalizzazione e nei suoi sistemi di comunicazione,che ha bisogno di provvedimenti talvolta in tempo reale.

L’incapacità parlamentare in questi giorni è legata emblematicamente all’elezione di due giudici della Corte Costituzionale; le votazioni che hanno riportato un nulla di fatto sono 20, l’incertezza è ancora molto alta. L’impasse istituzionale che sta ridicolizzando le istituzioni nel suo complesso fa riemergere a poco più di un anno di distanza lo stallo verificatosi circa l’elezione del Presidente della Repubblica, che confermarono un Parlamento “sordo” all’esigenza di straordinaria responsabilizzazione che il paese richiede. L’inghippo di allora fu risolto da una figura di esemplare caratura istituzionale: Giorgio Napolitano che resosi conto dell’ostacolo che si andava profilando, non ha esitato nonostante l’età a risolvere di persona la situazione, caricandosi sulle spalle il peso di un’inusuale rielezione.

Una curiosità circa l’effettiva rappresentatività del Parlamento agli occhi dell’opinione pubblica è data dal fatto che nessuno dei principali leader dei principali partiti dell’attuale scenario italiano siedano in Parlamento (o Senato). Grillo, Berlusconi, Salvini e Renzi sonofuori; forse per una tragica coincidenza o forse per un emblematico segno deldestino che da centralità ad altro. In questo contesto l’attuale Governo non pare cambiare verso circa l’uso spregiudicato dello strumento della “fiducia” per l’approvazione di provvedimenti di legge. Anzi il Governo Renzi pare aver battuto ogni record nell’usodi tale strumento, ponendo la questione di fiducia per ben 22 volte nel giro di6 mesi, riducendo il Parlamento ad aula passa-carte.

In questo quadro l’unico smotto di dignità non può che provenire dagli stessi parlamentari, riappropriandosi della funzione legislativa; missione talvolta ardua dato che almeno per i rappresentanti del Partito Democratico, in maggioranza eletti in quota bersaniana, si profila una mancata rielezione a partire dalla prossima legislatura, se dovessero ribellarsi alla Direzione renziana (la scelta quindi è tra la dignità e la poltrona). Le responsabilità di tale situazione si ritrovano anche nella legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla consulta che consentiva agli eletti di deresponsabilizzarsi difronte agli elettori e di eliminare ogni legame territoriale.

Per ridare centralità e dignità al Parlamento non dovranno mancare gli elementi di rappresentanza diretta atti a ridare responsabilità agli stessi parlamentari e elementi all’interno della nuova legge elettorale capaci di superare quel consociativismo - caratteristico della democrazia italiana sin dal suo fondamento - ossia eliminando i veti incrociati di minoranze che contribuiscono a rallentare una macchina che è ferma. Tutto ciò lo si deve ai cittadini italiani, in quanto la perdita d’importanza del sistema parlamentare, coincide con un deficit di democrazia,tragicamente pericoloso e drammaticamente inopportuno in un momento storico di crisi generale.

Ultima modifica il Giovedì, 23 Ottobre 2014 22:01
Alessandro Semenzato

Classe 1992. Conseguita la maturità industriale vado a lavorare in fabbrica, dopo 2 anni riprendo gli studi iscrivendomi a Scienze Politiche presso l’ Università degli studi di Padova, conciliando studio e lavoro. Iscritto al Partito Democratico. Uno dei pochi ad aver letto il documento di Fabrizio Barca “Un partito nuovo per un buon governo”. Appassionato di politica, storia politica italiana e attualità. Antimoralista. Motto: “Pace igiene del mondo”.

 

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