Sono nata e vivo a Firenze. Ho frequentato l'Istituto Statale d'Arte della mia città e mi sono laureata alla Facoltà di Lettere nel febbraio del 2012 in Storia e tutela dei Beni Artistici con una tesi in Museologia dal titolo "La protezione del patrimonio artistico in Toscana durante la seconda guerra mondiale".
Il museo degli argenti di Palazzo Pitti ospita fino al 23 giugno la mostra Lusso ed Eleganza dedicata alla ceramica francese e alla manifattura Ginori di Doccia.
La mostra ci illustra il prestigio di Ginori - uno dei grandi marchi del made in italy nel mondo – tra il 1800 e il 1830 quando la produzione fiorentina raggiunse livelli artistici straordinari paragonabili a quelli delle grandi ceramiche francesi di Dagoty, Nast e soprattutto le più prestigiose di Sèvres.
Un dialogo fra produzione locale e produzione francese esplicativo di quanto le creazioni transalpine ebbero influenza sulle realizzazioni fiorentine ma anche di quanto il livello tecnico delle ceramiche Ginori riuscì ad eguagliare e talvolta a superare il prodotto dei cugini francesi.
Marzo è il mese in cui il turismo di massa riprende vita dopo lo stop di gennaio e febbraio e già il mattino alle 8 la fila all'ingresso degli Uffizi è piuttosto importante. Una volta entrati in galleria, per coloro che non intendono visitarla secondo il percorso classico, ma seguendo invece quelle che sono le ultime novità in tema di restauro, la prima tappa obbligatoria è ovviamente la Tribuna.
Gennaio 2013, con una lettera indirizzata alla presidente Ilaria Borletti Buitoni, Salvatore Settis si dimette dal consiglio di amministrazione del FAI, in risposta alla decisione della Buitoni di candidarsi nella lista “scelta civica con Monti per l’Italia”.
La Buitoni ha motivato la sua scelta di adesione alla lista come atto doveroso, per poter finalmente e concretamente operare dal dentro della politica per quella che ormai oggi è diventata l’emergenza beni culturali.
Le ragioni di Settis e del suo gesto sono invece riconducibili a quello che è stato l’operato del governo uscente, in favore della cultura, nell’anno appena trascorso e in quello che la lista Monti propone sostanzialmente in vista di un eventuale governo futuro: la privatizzazione del patrimonio pubblico.
Nella lunga storia e nelle vicissitudini riguardanti la Porta del Paradiso, c’è un episodio significativo che torna alla mente da quando, nel settembre 2012, il capolavoro di Lorenzo Ghiberti ha finalmente trovato la giusta collocazione, post restauro, all'interno del museo dell’Opera del Duomo di Firenze; un episodio che nel 1946 convinse definitivamente il restauratore Bruno Bearzi a tentare un saggio di pulitura sulla Porta, con la convinzione di trovare sotto la patina secolare l’antica doratura.
Era il gennaio del 1943 quando in piena guerra mondiale, la Soprintendenza fiorentina e la Direzione Generale Antichità e Belle Arti stabilirono che il patrimonio artistico fiorentino protetto in loco un po' in tutta la città non era più al sicuro, a causa delle sempre più frequenti incursioni aeree, così come non era più sufficiente la protezione in mattoni utilizzata per proteggere le porte del Battistero e la decisione fu quindi quella di trasferire la gran parte delle opere fuori città.
La Porta del Paradiso – assieme all’altra porta del Ghiberti e a quella del Pisano - fu così smontata e trasportata all'interno della galleria ferroviaria Sant'Antonio a Incisa Valdarno, ovvero uno dei rifugi prescelti per il ricovero dell’arte fiorentina, su indicazione di Ugo Procacci all'epoca giovane funzionario della Soprintendenza. La galleria, fuori uso da tempo, parve un’ottima e sicura soluzione fino alla primavera del 1944, quando l’esercito tedesco ne ordinò l’evacuazione per motivi strategici. Fu nel momento in cui le opere tornavano a Firenze che accadde l'episodio chiave: durante il trasporto, il legno utilizzato per l’imballaggio delle sculture sfregò inavvertitamente uno dei bronzi portando in luce l’oro sottostante. E così, nel marzo del 1946, fu possibile per Bearzi effettuare una prima verifica sulla Porta che confermò quanto da lui ipotizzato: la patina - un mix di cera e polvere - aveva non solo coperto la doratura del 1452 ma anche “le finissime rifiniture con cui gli artisti avevano terminato le dieci storie delle formelle”. Dal luglio di quello stesso anno il lavoro del restauratore ebbe definitivamente inizio con il via libera dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma.
Il 24 giugno del 1948, in occasione della festa del patrono della città di Firenze, dopo circa due anni dall’inizio dei lavori, i preziosi battenti accompagnati da una cerimonia solenne poterono finalmente tornare al loro posto.
Oggi possiamo nuovamente apprezzare la Porta com'era, il desiderio di Bernard Berenson di poter un giorno musealizzarla per tenerla lontana da ogni rischio derivante dall'esposizione esterna si è concretizzato e dopo il dramma dell’alluvione del ’66 e i problemi dovuti all’inquinamento atmosferico, che ne hanno messo a serio rischio la conservazione, il nuovo restauro ci dà quasi la sensazione di poterla ammirare come fu possibile per i contemporanei del Ghiberti nel 1452 ma anche come i fiorentini nel 1948 grazie all'operato di Bruno Bearzi.
(Bibliografia: P. DE ANNA, Le guerre del paradiso: i restauri di Bruno Bearzi, 1943-1966, Firenze, Polistampa, 2009)
L’importanza del ruolo della mostra espositiva, come strumento di divulgazione dell’arte in tutte le sue forme e come mezzo di attrazione alla ricerca di un pubblico più vasto, fu indubbiamente per il critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti elemento centrale di studio e approfondimento.
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