Il carattere selvaggio e frenetico delle esibizioni dal vivo attirò ben presto una nutrita schiera di studenti, beatnik, artisti di strada e poeti underground che vennero definiti come "punk", termine che inizialmente era inteso come semplice sinonimo di "teppista" o "malfamato". In realtà, la maggior parte di questi musicisti aveva ben poco dell'attitudine e dello stile che oggi noi identifichiamo con lo stesso termine. Si trattava soprattutto di un movimento che guardava musicalmente al garage più crudo ed epidermico del primi anni '60 e che si ispirava allo stile di vita degli anti-divi maledetti del rock, come Lou Reed, Jim Morrison o Iggy Pop. I "punk" di New York che vivevano come i bohemien degli anni '50 e che avevano fatto della Grande Mela il palcoscenico della loro estetica decadente, esprimevano lo sconcerto di una generazione senza identità e punti di riferimento (La "Blank Generation" di Richard Hell) e manifestavano la nevrosi della società postindustriale, l'angoscia dell'alienazione metropolitana, la disillusione rispetto a ogni sogno di trasformazione della realtà. Nonostante rimanesse forte l'ancoraggio al rock degli anni sessanta e settanta, il movimento, dalle palesi velleità letterarie e artistiche, si caratterizzò soprattutto per il suo carattere avanguardistico. Fra i boogie mistici e le litanie febbrili di Patti Smith, i ritmi nevrotici e cerebrali dei Talking Heads, gli intrecci chitarristici dissonanti e ossessivi dei Television e i tessuti elettronici laceranti e paranoici dei Suicide, siamo in presenza di un gruppo di artisti che avrà un ruolo decisivo nel influenzare la scena new wave a venire.
In questo panorama, i Ramones rappresentano una vera e propria anomalia. Formatosi nel 1974, il nucleo originario della band comprendeva Johnny (chitarra) , Dee Dee (basso), Tommy (batteria) e Joey (voce), quattro ragazzotti che definire approssimativi dal punto di vista della tecnica musicale era fargli un complimento. Troppo amatoriali e impreparati per riuscire a proporre cover anche lontanamente decenti, si ritrovarono fin da subito nella condizione di dover buttar giù del materiale proprio. Lo stile che li consacrò come leggende era già tutto lì, sui solchi delle prime canzoni scritte e provate nello scantinato della galleria d'arte della madre di Joey: 3 accordi ripetuti all'infinito, ritmi indiavolati e palpitanti, strofe demenziali di due versi, melodie pop vomitate alla velocità di uno scioglilingua. Già i primi incendiari live al CBGB di fronte a poche decine di spettatori e le prime canzoni registrate su grezzissimi demo (I Wanna Be Your Boyfriend, Judy is a Punk) erano una evidente dichiarazione di intenti. Tutto era improntato a un rifiuto del formalismo e del virtuosismo. Ogni artificiosità veniva ripudiata in nome dell'immediatezza. Nonostante il loro approccio al rock diretto e viscerale, senza troppi intellettualismi, fosse condiviso da altri gruppi newyorkesi come Heartbreakers, Dictators e Dead Boys, i Ramones portarono alle estreme conseguenze il rifiuto dell'estetica barocca e pretenziosa che regnava incontrastata nei primi anni settanta e si consacrarono a una musica fatta di energia, sudore, velocità e divertimento. L'effetto che ebbe sul pubblico fu strabiliante: rispetto al rock che si suonava fino a pochi anni prima, era come essere catapultati di punto in bianco in un futuro eccitante ed iperdinamico.
Eppure i Ramones erano forse il gruppo di New York più legato al passato. Già la scelta del nome della band, tratto da uno degli pseudonimi di Paul McCartney, tradiva una passione viscerale per un epoca ormai conclusa. Il loro look poi, fra giubbotti di pelle, capelli lunghi e jeans strappati, era emblematico di uno stile che si richiamava al revivalismo dei due decenni precedenti veicolato dalla cultura di massa americana, tramite sit-com di grande successo all'epoca come Grease e Happy Days. Ma il carattere tradizionale dei Ramones riguardava soprattutto la musica. Il mito era il rock'n'roll minimalista fra anni cinquanta e sessanta coi suoi ritmi sfrenati e passionali e il surf-pop dei Beach Boys, che con le sue melodie cristalline e solari celebrava le spiagge californiane e il divertimento giovanile. I Ramones si proposero come un ritorno nostalgico a queste sonorità ma la loro esuberanza ed energia finirono per produrre una musica che suonava irresistibilmente moderna, una scarica di adrenalina che rende la loro proposta ancora oggi così apprezzata.
Il carattere rivoluzionario del gruppo può peraltro essere constatato dall'ascolto dei primi tre leggendari album, la cui uscita è racchiusa nell'arco temporale di un anno mezzo, cioè quanto separa l'eponimo debutto Ramones (Febbraio 1976) da quello che è forse il loro capolavoro, Rocket to Russia (Settembre 1977). In mezzo il non meno brillante Leave Home (Gennaio 1977) fotografa la straordinaria prolificità del gruppo agli inizi della carriera. Sui solchi di queste tre gemme abbiamo tutta l'essenza dell'estetica dei Ramones. Canzoni dalla lunghezza massima di due minuti e mezzo, che assumono le sembianze di filastrocche demenziali, scandite da hook incalzanti e da cori rampanti, si rincorrono senza soluzione di continuità in un baccanale adrenalinico perpetuo. I soliti tre accordi ripetuti all'infinito per un suono tanto muscoloso quanto sbarazzino, elevano la semplicità e l'urgenza comunicativa sopra ogni altra cosa. L'analfabetismo musicale viene esibito con fierezza o esorcizzato con una sfacciataggine volutamente beota. Eppure i quattro si destreggiano con sorprendente naturalezza fra i muri chitarristici del garage rock, i ritmi vertiginosi del rock'n'roll e la superficialità del pop più bubblegum. Lontani anni luce dalle velleità dei loro colleghi newyorkesi, i Ramones elevano l'idiozia e il qualunquismo a opera d'arte. I loro testi demenziali spaziano dallo sballo della movida nella terra promessa californiana (Rockaway Beach, California Sun), ai b-movies di genere horror (I Don't Wanna Go Down To The Basement, You Should Never Have Opened That Door), alle frivole storielle d'amore (I Wanna Be Your Boyfriend, Listen To my Heart, Oh Oh I Love Her So) alle provocazioni nazistoidi (Today your love, tomorrow the world, Commando) fino alle tragicomiche frustrazioni adolescenziali (Teenage Lobotomy, I Wanna Be Sedated, Now I Wanna Sniff Some Glue). I loro atteggiamenti buffoneschi e le loro pose parodistiche erano la quintessenza di un retrofuturismo fumettistico pressoché inimitabile.
In definitiva, i Ramones erano quattro ragazzotti senza troppe pretese che volevano fare del sano e onesto rock seguendo l'esempio dei loro idoli dei primi anni sessanta ma finirono involontariamente per provocare un terremoto di proporzioni inaudite sulla scena musicale mondiale. Curiosamente, la scossa si avvertì prima in Gran Bretagna dove i Ramones andarono a suonare nel luglio del 1976. Il loro concerto al Roundhouse di Londra ebbe grande risonanza e diede un impulso decisivo alla nascita del punk britannico, portato alla ribalta da gruppi come Clash e Sex Pistols, fan della prima ora dei 4 newyorkesi. L'influenza dei Ramones sul punk inglese si deve soprattutto all'approccio diretto, potente e veloce e sul credo che la musica potesse essere fatta da chiunque anche senza essere in possesso dei benché minimi mezzi tecnici. Ma al di là di questi aspetti, il punk britannico si discosterà nettamente dai suoi maestri. Laddove per i Ramones punk significava ritorno alle origini, per Clash e Sex Pistols, il motto era, almeno inizialmente, quello di fare tabula rasa del passato identificato con i preziosismi cerebrali del progressive; laddove per i Ramones il punk era un etica del disimpegno, per i Clash e i Sex Pistols era uno strumento per propagandare ideali politici di trasformazione radicale della società, vuoi in senso anarchico o socialista. Padrini del punk, i Ramones si ritrovarono così ben presto ai margini di una scena che avevano contribuito in maniera decisiva a portare alla ribalta ma nella quale si identificavano sempre più a fatica. New York era stata messa nell'ombra dagli sboccati, politicamente scorretti punk britannici e dalle loro scioccanti e scandalose esibizioni pubbliche. Come ricorda Simon Reynolds, già dal 1977 lo stile provocatorio, il look sovversivo e la retorica anarchica dei britannici "monopolizzava le prime pagine dei giornali da una parte e dall'altra dell'Atlantico, al punto che gran parte dei media internazionali sembrava convinta che il punk fosse un'invenzione inglese".
La tentazione di dare una lettura politica dei Ramones nasce forse da questo equivoco che riguarda il punk. Spesso si è tentati di considerare questo genere musicale come un fenomeno unitario o una scuola sostanzialmente omogenea di musicisti orientati da una stessa etica e da uno stesso stile di vita. Non era così nemmeno agli albori, come dimostrano pienamente i Ramones. Ne abbiamo la conferma scavando più in profondità sulle idee dei componenti del gruppo newyorkese che come era normale aspettarsi non facevano trasparire alcune concezione radicale ascrivibile a un programma di sinistra. Non credo che valga la pena soffermarsi eccessivamente sul fatto che Johnny Ramone si sia sempre definito un ultra-conservatore e che dai testi e dalle dichiarazioni traspiri tutta la sua ammirazione per Reagan e una certa fascinazione per l'estetica nazista, né che la retorica anticomunista sia presente in diverse circostanze, basta ascoltare "I'm Against it" o "This Ain't Havana" oppure dare un occhiata al retro di copertina dell'album"Rocket to Russia", già emblematico fin dal titolo per capire da che parte i Nostri stessero nell'ambito della Guerra Fredda. Certo, si potrà ribattere che Marky e Joey erano due liberal ai quali le idee di Johnny andavano poco a genio, come dimostra ad esempio l'inno anti-Reagan di My Brain is Hanging Upside Down (Bonzo Goes to Bitburg) che rappresentava comunque un'eccezione. Ma non è questo il punto. L'elemento centrale è che i Ramones in quanto singoli individui portavano inevitabilmente le loro variegate idee all'interno del progetto musicale ma non siamo mai stati in presenza di un gruppo politicizzato. Non credo che si possa registrare l'intento di voler comunicare con la musica, in maniera sistematica, un preciso messaggio politico. I Ramones non erano del tutto riducibili musicalmente alla scena punk né erano tantomeno riconducibili politicamente agli slogan ostentati da Sex Pistols e Clash. I Ramones sono nati con un idea di divertimento e di spensierata follia. I loro motti non-sense erano Gabba Gabba Hey e Hey Ho Let's Go, il loro inno improbabile era "Blitzkrieg Bop" e il loro credo più profondo era il cazzeggio.
Con la pubblicazione nel corso del 1977 di Damned Damned Damned, The Clash e Nevermind The Bollocks il centro nevralgico del punk si sposta, come si accennava sopra, da New York a Londra. La fiammata durerà però poco se è vero che già dal 1979 il Regno Unito sarà attraversato dall'ondata wave e il punk cominciò a essere ripensato dalle fondamenta (post-punk) o fu costretto a ritirarsi nelle periferie proletarie (Oi!) e negli squat (anarco-punk). Dall'altra parte dell'Atlantico, il punk si ristruttura prevalentemente attorno ai grandi centri urbani della California grazie all'opera seminale di musicisti radicali come Germs e Dead Kennedys. C'era ormai poco spazio per la New York dei Ramones la cui creatività era del resto in lento ma inesorabile declino. Dopo Rocket to Russia, il quarto album Road to Ruin (1978) presentava già i primi chiari segni di stanchezza nonostante contenesse la gemma I Wanna Be Sedated, mentre End of The Century (1980) mostra un gruppo in cerca di nuove vie espressive. Prevalgono i toni nostalgici e un suono meno spigoloso, grazie anche alla produzione del mago Phil Spector col suo caratteristico "Wall of Sound" . Si tratta di un ottimo disco, forse il loro canto del cigno, ma fotografa un gruppo che si sta ormai avvicinando a un formato di rock anni ottanta vivace e veloce ma meno esacerbato e selvaggio. Ebbe un discreto successo ma i fan della prima ora e gli irriducibili punk si sentirono traditi dalle sonorità più atmosferiche e meno spigolose. Ormai, del resto, la prima ondata del punk si stava concludendo, sebbene l'avventura dei Ramones continuerà lungo tutto gli anni ottanta e la prima parte dei novanta con risultati alterni. Le vendite resteranno modeste mentre la qualità artistica si manterrà su un discreto livello, con qualche sussulto positivo (Pleasant Dreams, Too Tough to Die, Mondo Bizarro) e poche cadute di stile (forse solo Halfway to Sanity).
La musica dei Ramones, sopratutto ai suoi albori, rispecchiava lo spirito dell'epoca. Se le rock star degli anni settanta le adoravi come divinità celesti, nei Ramones ti identificavi, se ai concerti della prima metà della decade assistevi a una performance, per quanto coinvolgente, quasi sempre calata dall'alto coi Ramones ti sembrava di essere sul palco a suonare con loro. Se gli artisti del passato volevano impartire una lezione, i Ramones facevano dei loro difetti e delle loro imperfezioni un vanto. Se i punk britannici esprimevano una critica sociale contro diseguaglianze e repressione e le avanguardie di New York esprimevano una critica culturale contro l'alienazione, i Ramones rispondevano in ambo le circostanze con un beffardo "I Don't Care". L'energia che trasmettevano era stupefacente ed era dal vivo che poteva essere pienamente apprezzata. Come ricorda Joe Strummer dei Clash, le esibizioni dei Ramones erano "un'ondata di calore, un bombardamento costante di canzoni" che non ti lasciavano neppure il tempo di "accendere una sigaretta tra la fine di un brano e l'inizio di un altro". L'irruenza sfrenata è testimoniata in maniera magistrale sull'epocale It's Alive (1979), uno degli album dal vivo più importanti della storia del rock, registrato in occasione di un concerto londinese del 1977 che fotografa più che una band una forza della natura, un uragano devastante che in meno di 55 minuti vomita 28 dei suoi folgoranti inni alla velocità della luce, senza nessuna interruzione ma solo scanditi dal leggendario one, two, three, four di Dee Dee Ramone. Nonostante tutto questo, il gruppo newyorkese è sempre rimasto un fenomeno relativamente di nicchia. Il loro primo disco d'oro arriverà solo con la compilation del 1988 Ramones Mania, mentre il loro album di maggior successo, End of The Century, non andrà oltre la 44esima posizione nelle classifiche di vendita americane. Nonostante la grande influenza che ebbero sui musicisti dell'epoca, i Ramones e la loro filosofia all'insegna del disimpegno, della spensieratezza giovanile e del qualunquismo esibito non rappresentarono mai un fenomeno socio-culturale diffuso. Nel lungo termine lo scarso successo in termini di vendite amplificò i dissidi interni fra i membri del gruppo, che decisero di sciogliersi nel 1996, a seguito della pubblicazione del loro ultimo album, dall'eloquente titolo Adios Amigos!. Ironia della sorte, la consacrazione mondiale arriverà solo qualche anno più tardi: dal 2000 in poi, un lungo processo di riscoperta, riporterà in auge i Ramones e li eleverà a leggende. Il loro contributo musicale rivoluzionario verrà finalmente riconosciuto ma non sempre accadrà altrettanto per il loro carattere peculiare. Si è tentato di fare del punk un Pantheon unitario nel quale risuonano solennemente e continuamente i nomi sacri di Clash, Sex Pistols, Ramones, Dead Kennedys, Bad Religion e altri. Errore di semplificazione tanto più grave quanto più non considera che i Ramones all'interno di un tale tempio si sarebbero sentiti profondamente a disagio.
Discografia Selezionata
Ramones (1976): 9/10
Leave Home (1977): 8,5/10
Rocket to Russia (1977): 9/10
Road to Ruin (1978): 7,5/10
It's Alive (Live, 1979): 9/10
End of The Century (1980): 8/10
Pleasant Dreams (1981): 7/10
Subterranean Jungle (1983): 6/10
Too Tough To Die (1984): 7/10
Animal Boy (1986): 6,5/10
Halfway to Sanity (1987): 5/10
Brain Drain (1989): 6,5/10
Mondo Bizarro (1992): 7/10
¡Adios Amigos! (1995): 6,5/10