20. Luxemburg Signal - Blue Field
Ottimo secondo album per i misconosciuti Luxemburg Signal, nati dalle ceneri degli Aberdeen, band nel roster della leggendaria Sarah Records. Ed è proprio a partire dalle sonorità indie pop in voga negli anni novanta e diffuse dall'etichetta di Bristol che bisogna ricercare le origini stilistiche che hanno ispirato questo Blue Field, dalle tonalità color pastello, dalla dolcezza autunnale e dalla purezza totale. Un gioiellino senza una nota fuori posto, forse un po' derivativo ma ricco di melodie impeccabili e di intrecci chitarristici evocativi. Merita sicuramente più riconoscimento.
19. Ryuichi Sakamoto - Async
Il Maestro nipponico Ryuichi Sakamoto, fra i più celebrati pianisti al mondo, ha spaziato dalla classica, all'avanguardia, al pop, alla bossanova coniugando sempre l'esigenza di riscoprire la tradizione giapponese con l’impulso di ricercare nuove forme espressive. La sua musica totale si fa nell'ultimo Async puramente sperimentale, fra rivisitazioni di Bach ("Andata") , field recordings ("Walker"), fughe cosmiche ("Stakra"), destrutturazioni sonore ("Dinintegration"). A quattro anni dalla diagnosi di un cancro alla gola, Sakamoto concepisce un album che trasuda vita da ogni nota e che si mostra in un reticolo inestricabile di sensazioni e ricordi, vividi e sfuggenti allo stesso tempo.
18. The War On Drugs - A Deeper Understanding
Dopo i meravigliosi Slave Ambient e Lost in The Dream, il gruppo che meglio di tutti ha saputo rivitalizzare la musica della tradizione americana (Heartland Rock) rende ancora più rarefatto il suo suono su A Deeper Understanding dove tutta l'epicità di Springsteen, Dylan e Young si fa trasfigurata e impalpabile fino al patologico, amplificando a dismisura l'effetto nostalgico. Segno dei tempi e di un passato che si vorrebbe afferrare ma che sfugge sempre, A Deeper Understanding è forse meno brillante dei suoi predecessori a livello di pathos ma risulta sbalorditivo almeno dal punto di vista strumentale e atmosferico.
17. Gas - Narkopop
Diciassette anni dopo "pop" il grande produttore tedesco Gas torna con "narkopop" il cui nome è tutto un programma: 10 composizioni, alcune della quali piuttosto lunghe, all'insegna della catalessi più onirica. L'ambient Techno di Gas resta straordinariamente evocativa, i droni ipnotici proiettano l'ascoltatore nel bel mezzo di una foresta nebbiosa, le stratificazioni sonore amplificano il senso di stanca rassegnazione a cui si è portati, inermi, ad abbandonarsi. Niente è lasciato al caso in questo sottile gioco di spostamenti tonali quasi impercettibili che possono essere erroneamente scambiati per monotonia.
16. Chelsea Wolfe - Hiss Spun
Ennesimo lavoro di ottimo livello per la cantautrice dark Chelsea Wolfe che riprende tutto il suo armamentario oscuro e gotico, dal doom metal, alla new wave, al gothic rock, per un disco, registrato non a caso a Salem, estremamente denso di stratificazioni sonore e di fascinazioni esoteriche. Hiss Spun mette insieme una più decisa vocazione pop con una scelta di pattern pesanti e ruvidi tanto da risultare, rispetto al suo predecessore Abyss, al contempo più grezzo e più melodico, in una strana armonia di contrari particolarmente apprezzabile. Disco crepuscolare senza cedimenti.
15. Juana Molina - Halo
Non siamo forse tornati sui livelli del meraviglioso "Un Día" del 2008 ma questo Halo conferma il talento di una delle più eccentriche cantautrici sudamericane. L'argentina Juana Molina prosegue la sua parabola artistica all'insegna di una folktronica elegante e visionaria. Su Halo tutto si piega all'esigenza di un minimalismo sommesso che sfocia sovente in una trascendenza quasi mistica. Juana Molina lavora per ridurre tutto all'essenziale, riportando all'ordine e alla sobrietà persino le schegge sonore potenzialmente più esuberanti e raggiungendo una purezza che sa incantare e commuovere. Risulta un album stilisticamente coerente ma che riesce a risultare comunque piuttosto variegato spaziando sapientemente fra litanie sussurrate (Sin Dones), soffuse filastrocche sintetiche (Cara de Espejo), carillon scheletrici (Paraguaya), invocazioni nostalgiche (Cálculos y Oráculos), malinconici abbandoni (Los Pies Helados). Arrangiamenti azzeccati e melodie vincenti rendono questo album una delizia irrinunciabile.
14. Horrors - V
Quinto disco e quinto centro per uno dei gruppi più variegati del panorama contemporaneo. Dal garage punk, alla new wave, al synth pop per poi approdare a un pop psichedelico e progressivo, gli Horrors hanno sempre saputo interpretare sonorità diverse attraverso le lenti del loro personale stile, ormai consolidato. "V" è un'ulteriore viaggio in territori inesplorati, all'insegna di una elettronica sporca e rallentata. Il gruppo britannico ricerca sonorità electro e wave ma le molesta, le lacera, le mina alle fondamenta e le piega a una esigenza espressiva di crudezza e selvaggia ruvidità. Così, anthem che sarebbero potute essere delle perfette hit anni ottanta patinate e da classifica, diventano lunghe deviazioni musicali contorte, pervertite, degenerate che restituiscono atmosfere claustrofobiche e ansiogene. Concettualmente impeccabile, pieno di interessanti textures labirintici, l'ultimo disco degli Horrors difetta solo di soluzioni melodiche a tratti un po' troppo prevedibili, ma il quartetto britannico si conferma con questo ultimo disco come uno dei gruppi più creativi dell'ultima decade.
13. Protomartyr - Relatives in Descent
Al loro quarto disco gli alfieri della scena post-punk di Detroit sembrano trovare la quadratura del cerchio. Relatives in Descent è un vibrante e trascinante album che mostra un gruppo in costante crescita creativa. Se le scarne strutture post-punk tipiche di Joy Division, Bauhaus o the Sound sono sempre il punto di partenza, la proposta Promomartyr diventa sempre più personale. Cadenze marziali, bassi pulsanti, sorreggono il cantato secco di Joe Casey, sempre più a suo agio nei panni del crooner oscuro alla Nick Cave, mentre le incursioni nel post-core e nel noise rock di scuola americana sono continuamente sostenute dalle violente e frequenti increspature chitarristiche che assecondano atmosfere cupe e distopiche per testi pieni di pessimismo politico. L'amalgama funziona a meraviglia. Insieme ai Viet Cong/Preoccupations, i Protomartyr sono ormai punto di rifermento a livello mondiale del nuovo post-punk.
12. Raoul Vignal - The Silver Veil
Raccolta di bozzetti autunnali, The Silver Veil è una delle più belle sorprese del 2017. Il giovane francese Raoul Vignal esordisce con un album di folk fresco e rasserenante, improntato alla semplicità e al minimalismo. Le atmosfere sognanti e il tono meditativo evocano paesaggi deserti e solitari, mentre il fingerpicking cristallino e di pregevole fattura dona un sentimento di incantevole delicatezza. L'esigenza espressiva di Raoul Vignal lo porta a guardare tanto alla musica popolare e tradizionale francese quanto alla musica contemporanea anglosassone, Nick Drake su tutti. Ne esce un disco incantevole e raffinato.
11. National - Sleep Well Beast
I maestri dell'indie-rock tornano con il loro lavoro più ambizioso e sperimentale. Avvertita la necessità di rompere con una proposta vincente ma che rischiava di trasformarsi in una stanca e oziosa riproposizione di stilemi consolidati, il quintetto dell' Ohio stravolge la sua canonica formula che catalizzava sonorità roots e post-punk partendo da un indie pop-rock dalle tinte noir, sovvertendo così molti elementi del passato. Una nuova consapevolezza li porta verso soluzioni melodiche che ricercano meno il ritornello memorabile per concentrarsi maggiormente sull’aspetto compositivo. Al centro ora non ci sono più le chitarre e la batteria ma i synth e il piano, per un pop-rock da camera ragionato, più dimesso ma anche più pessimista del solito. Disco coraggioso che riporta i National ad alti livelli qualitativi.
10. Rosalía - Los Ángeles
Solo voce e chitarra per un disco di flamenco nuevo che per le sue caratteristiche peculiari e per le sue velleità sperimentali è stato apprezzato anche al di fuori dell'ambito della musica tradizionale spagnola. La giovane catalana Rosalía reinventa la tradizione, piega i classici alle sue esigenze espressive senza timori reverenziali. Ne esce un disco d'esordio sorprendente, diretto ed intenso, prodotto magistralmente e scandito da soluzioni chitarristiche a tratti spiazzanti che portano le composizioni su territori imprevedibili ed inaspettati. Su questa scarna architettura si erge una voce sublime, in grado di esprimere un pathos invasato, quasi mistico che mantiene una tensione elevatissima lungo tutto il disco, senza cali o interruzioni. Si parla di angeli, abbandoni, del sottile confine fra vita e morte, ma senza esagerare le fughe oniriche: l'intera opera è una vivida e viscerale tragedia minimalista che punta al cielo scavando nell'animo umano.
09. Jens Lekman - Life Will See you Now
Una delle ultime grandi personalità della sempre rigogliosa scena indie pop svedese, Jens Lekman si è fatto apprezzare sin dal 2004 per il suo cantautorato che sa muoversi con disinvoltura e leggerezza fra la grazia di Paul Simon, i toni agrodolci dei Magnetic Fields, l’estetica trasognante dei Belle & Sebastian, la raffinatezza di Burt Bacharach e la solennità nostalgica di Sufjan Stevens. Life Will See You Know è uno dei suoi album più briosi e delicati, una rinuncia ai barocchismi per un approccio diretto e sincero. Con ironia e leggerezza Jens Lekman usa la vita quotidiana per parlare di temi complessi come la depressione e la malattia. Il piglio quasi adolescenziale mostra un artista alla ricerca di una candore perduto nei meandri di una vita che può essere sopportata solo scherzandoci sopra.
08. Girlpool - Powerplant
Before The World Was Big, raccolta di schizzi indie folk- pop da cameretta uscita nel 2015 e fondata su una rigorosa estetica lo-fi, era un gioiellino di purezza e immediatezza pop. A due anni di distanza le due californiane Girlpool tornano con un progetto ancora inspirato dalle stesse esigenze espressive ma con una nuova consapevolezza che le porta a dare una struttura più solida alle loro canzoni, ampliando lo spettro sonoro e introducendo quella batteria che risultava completamente assente nell'album precedente. I loro tratti caratteristici vengono così un po' meno, rendendo il loro suono meno eccentrico, ma la maggiore ricchezza delle canzoni compensa abbondantemente queste mancanze, regalando un disco dalle melodie memorabili.
07. Moon Duo - Occult Architecture Vol. 1 & 2
Doppio disco per i guru della musica neopsichedelica Ripley Johnson e Sanae Yamada. Occult Architecture è una complessa e ricca opera di acid rock visionario, un estenuante ma appagante viaggio mentale, un coacervo di labirintiche visioni policromatiche in loop perenne. Meravigliosa l'alchimia strumentale fatta di chitarre distorte e sintetizzatori che si rincorrono all'infinito, un po' in stile motorik, creando un muro sonoro ossessivo ed ipnotico. Siamo sui territori già battuti recentemente e con ottimi risultati dai Cavern of Anti-Matter ma con una maggiore attenzione alla fluidità e con una ricerca melodica più pronunciata: ottime risultano infatti le parti vocali, all'insegna di uno space pop accattivante ed avvolgente.
06. Julie Byrne - Not Even Happiness
Disco incantevole di folk rallentato e sommesso, Not Even Happiness è una raccolta di nove gentili nenie sussurrate con un tono trasognante ed elegiaco, senza enfasi drammatica e rifuggendo ogni veemenza scomposta. Julie Byrne al suo secondo lavoro si impone nel panorama del folk alternativo con un disco semplice e diretto che sembra trovare nella natura il rifugio privilegiato dove abbandonarsi a una nostalgia composta. Quasi unicamente costruito su voce e chitarra, Not Even Happiness tira fuori tutto il bello che esiste nella semplicità.
05. Zola Jesus - Okovi
Dopo il deludente Taiga del 2014, pastrocchiato tentativo di virare verso un synth pop da classifica, Zola Jesus torna su livelli di assoluta eccellenza con Okovi, disco che riabilita la compositrice russo-americana a regina del rock più dark ed esoterico. Lo scheletro è costituito da una elettronica sporca e pesante che si muove su coordinate talora idm, talora industrial ma al servizio della bellissima voce profonda e tagliente di Nika Roza Danilova che riporta ogni impulso alla melodia, ricercando l'elevazione tramite un pop affascinante nella sua estetica decadente e gotica. Vocalizzi da brivido, fascinazioni dark e basi elettroniche pregevoli rendono Okovi un disco solido, coerente ed appassionante.
04. Blanck Mass - World Eater
Opera davvero interessante quella di Benjamin Power, aka Blanck Mass, metà del mitico gruppo elettronico Fuck Buttons. World Eater segna il punto più alto della sua carriera solista e si presenta come un serratissimo e aspro assalto di droni electro-industrial. Ma oltre alla forza di impatto e alla potenza sonora c'è anche tanta ecletticità stilistica e sapienza compositiva. Hive Mind scherza con la dubstep, The Rat si immerge a capofitto nell'electro più adrenalinica, Please unisce IDM, electro, witch house e dubstep con relativa semplicità, ma il capolavoro è la devastante Rhesus Negative che raggiunge vertici mozzafiato col suo tripudio di partiture industrial in grado di aggiornare il suono Nine Inch Nails ai tempi della rave e della trap. I toni apocalittici e pessimisti, i beat pesanti e bruschi, l'incedere violento e impetuoso riassumono le peculiarità di un disco bellissimo e spiazzante.
03. Slowdive - Slowdive
Misconosciuti eroi di culto quando nei primi anni novanta pubblicarono due dei più ragguardevoli capolavori del movimento shoegaze, l'impressionistico Just For a Day e il raffinatissimo Souvlaki, acclamate leggende oggi quando diventano oggetto di venerazione indie e sono invitati a suonare ai principali festival musicali in giro per il mondo. Queste in breve le vicende di un gruppo che da quanto ha annunciato la reunion ha fatto tribolare i cuori di molti appassionati di quella stagione irripetibile in cui sperimentare al confine fra pop sognante e rumorismi al calor bianco alla ricerca della perfezione estetica era la norma. L'omonimo disco degli Slowdive non delude le altissime aspettative e riprende da dove il gruppo aveva lasciato, 22 anni addietro, cioè da quel Pygmalion che aveva sancito una decisa virata verso un ambient pop atmosferico ma sempre sognante e rarefatto. Ancora una volta, siamo in presenza di un incanto melodico unito a soluzioni chitarristiche ricche, dense, stratificate. Atmosfere celestiali e ipnotiche regalano uno dei voli pindarici più affascinanti dell'anno.
02. Alvvays - Antisocialites
Dopo l’eccellente esordio del 2014, i canadesi Alvvays di base a Toronto ma provenienti dalla remota Nova Scotia, si riconfermano fra i migliori gruppi indie pop in circolazione con Antisocialites, pregevole sophomore album che mantiene intatta la freschezza originaria e aggiunge una produzione più pulita e degli arrangiamenti più ricercati. C’è personalità e visione d’insieme ma soprattutto una capacità di comprendere e manipolare le strutture di un genere, piuttosto che semplicemente riprodurne i cliché. La perfezione tirata a lucido di “Dreams Tonite” e la commovente “Forget About Life” sono così coinvolgenti da rischiare di mettere nell’ombra quelli che sono i veri capolavori del disco, ovvero le stratificazioni chitarristiche di “In Undertow”, l’incedere pulsante dell’esaltante anthem “Plimsoll Punks”, il loop frenetico di “Lollipop” e gli stravaganti policromismi di “Saved by a Waif”, tutti almeno una spanna sopra rispetto alla media dell’indie pop degli ultimi anni. Forse avrebbero potuto osare qualcosa in più, ma è l’unico appunto a un album davvero trascinante.
01. LCD Soundsystem - American Dream
LCD Soundsystem, ovvero uno dei nomi più insulsi e generalisti che un gruppo si sia mai dato. Se poi ci mettiamo che la copertina del loro ultimo lavoro, American Dream, sia una delle più brutte viste negli ultimi anni, a pochi verrebbe voglia di ascoltarlo a scatola chiusa. Ma chi conosce gli LCD Soundsystem sa che al di là di questi aspetti di contorno c'è la musica. E quella resta ottima. A distanza di 7 anni dall'acclamato This is Happening, il ritorno a sorpresa della creatura del polistrumentista e produttore James Murphy è la prova meno appariscente del gruppo ma forse la più solida e concreta. Il disco è dominato da una new wave scura, eclettica e martellante che rimanda sovente ai Talking Heads di Remain in Light ma con una sezione ritmica e dei pattern ossessivi, marziali, post-punk. I sintetizzatori scolpiscono suoni regolari e ritmiche al limite del tribale, evitando quelle improvvise increspature un po' sopra le righe e quelle scariche upbeat che li avevano resi celebri nei dischi precedenti: non si ricerca l'indie-hit ma si privilegia la continuità e la coerenza compositiva. Il citazionismo è strepitoso nella sua ricchezza ma mai fine a se stesso: stilemi cari a David Bowie, Joy Division, Suicide, Cure e New Order appaiono sovente alla superficie ma contestualizzati in un tutto musicale che è superiore alla somma delle sue parti. Disco splendidamente frastornante.
Playlist top 30 canzoni
• Alvvays - Plimsoll Punks
• Arca – Desafío
• Arcade Fire – Electric Blue
• Baustelle - Betty
• Blanck Mass - Rhesus Negative
• Broken Social Scene – Hug of Thunder
• Charlotte Gainsbourg – Deadly Valentine
• Chelsea Wolfe - 16 Psyche
• Courtney Barnett & Kurt Vile – Over Everything
• Girlpool - 123
• Horrors - Something to Remember Me By
• Hurray For The Riff Raff – Pa’lante
• Jay Som – The Bus Song
• Jens Lekman - Our First Fight
• Juana Molina - Cara De Espejo
• Julie Byrne – Sleepwalker
• Kelela – Blue Light
• LCD Soundsystem - Call The Police
• Luxemburg Signal – Laura Palmer
• Magnetic Fields – Foxx And I
• Moon Duo - White Rose
• Mount Eerie - Ravens
• National – The System Only Dreams in Total Darkness
• Perfume Genius – Slip Away
• Raoul Vignal - Hazy Days
• Rosalía - Aunque Es De Noche
• Slowdive - Star Roving
• St. Vincent - New York
• Vagabon - Fear & Force
• Zola Jesus - Veka