Nato nel 1987 a Pontedera (PI), dove frequento il liceo per poi passare all'università di Pisa. Inizio ad interessarmi alla politica a partire dalla seconda superiore, prima nel movimento pacifista e in quello studentesco. Tra gli interessi specifici l'antropologia politica, la storia e l'etnologia delle relazioni di genere e della famiglia e l'antropologia religiosa, ma anche la letteratura, l'arte e la musica.
Il 6 di dicembre si festeggia in Finlandia il giorno dell'indipendenza, il che può essere una buona occasione per ricordare il più famoso compositore finlandese, esponente di primo piano di quel romanticismo nazionalista che aveva le sue radici nel lavoro di Lonnrot, insieme a lui assunto a simbolo dell'identità nazionale. Nato nel 1865 e morto nel 1957, Jean Sibelius, oltre a vedere la sua Finlandia indipendente, ha attraversato buona parte della storia e della cultura musicale del tardo romanticismo e poi del modernismo, elaborando uno stile che, pur debitore inizialmente della grande tradizione romantica tedesca e russa, sopratutto di Tchaikovsky, riesce a svilupparsi in modo molto originale e a rappresentare una delle più convincenti alternative alla seconda scuola di Vienna.
Sir John Eliot Gardiner e Maria João Pires sono due artisti che hanno varie cose in comune: la loro dedizione al lavoro, l'essere schivi e scevri da ogni forma di narcisismo, una particolare attenzione a non indulgere in quel pathos gratuito di cui possono essere vittime anche i migliori direttori e pianisti; ma sopratutto sono accomunati da una grande attenzione all'esattezza esecutiva del loro repertorio di riferimento. In questo disco si ritrovano insieme ad affrontare due autori che invece nell'immaginario degli ascoltatori tanto simili non sono: l'irenico Mendelssohn, così attento all'appropriatezza, sia nella vita privata che nella musica, e Schumann il visionario, il rivoluzionario, il folle. Eppure entrambi rappresentano il momento più alto del primo romanticismo tedesco, e là dove Schumann ha innovato nella forma e nella concezione pianistica e sinfonica, Mendelssohn ha creato un mondo nuovo nel colore e nei timbri dell'orchestra, nella vividezza dell'inventiva, nell'immediatezza dell'evocazione quasi paesaggistica, che così tanto avrebbe poi influenzato l'immaginario romantico, senza mai rinunciare alle forme classiche, lui che forse è stato il più “mozartiano” dei compositori.
Pisa: al via anche quest'anno la street parade antiproibizionista più longeva d'Italia
Sabato 18 maggio Pisa, come ogni anno a partire dal 2001, si riempirà di giovani e meno giovani in un corteo colorato e plurale, che vedrà al suo interno esponenti del mondo della cultura antiproibizionista, oltre a tutte quelle realtà associative e ai singoli condividono da anni quelle stesse battaglie.
È iniziato con una conferenza stampa al caffè Sant'Ambrogio il percorso della campagna regionale #DeclinazioneFutura, che avrà un suo primo momento pubblico con un'assemblea che si terrà il 5 maggio alle ore 16.30 nella Sala del caffè letterario delle MURATE (Piazza delle Murate, Firenze).
L'undici dicembre 2012 è morto all'età di 92 anni Ravi Shankar, lasciando quasi 70 anni di attività musicale, probabilmente il più famoso compositore e musicista indiano contemporaneo. Molto legato alla tradizone, è stato il più convinto ambasciatore della musica indiana nel mondo e ha potuto vantare prestigiose collaborazioni, come quelle con Yehudi Menuhin e con George Harrison, o come quella con la London Symphony Orchestra per la quale compose un concerto per sitar e orchesta che fu diretto da André Previn. Nato nel 1920 a Varanasi, all'età di dieci anni Shankar si recò per la prima volta in Europa con suo fratello il coreografo Uday Shankar, grazie al quale si avvicinò alla danza e agli strumenti indiani. Durante i tour col fratello in Europa ed in America scoprì la musica classica occidentale ed il jazz. Nel 1938 decise di dedicarsi completamente alla musica, studiando il sitar (importante strumento musicale a corde) e diventando allievo del musicista Allauddin Khan, che lo iniziò compiutamente al complesso mondo della musica classica indiana.
"Le minacciose punte del palazzo/ che gettan l'ombra sopra il cupolone/ le mi sembran piramidi del cazzo/ tirate su da un rozzo faraone". Si tratta dell'inizio di un contrasto in ottava rima che, se foste passati venerdì 14 dicembre alle 17.30 nell´Area Libri della Coop di Novoli, avreste potuto ascoltare cantato come avrebbero fatto gli antichi improvvisatori, nella Toscana di un secolo fa.
Il testo però è più recente, scritto da Alessandro Bencistà, che proprio a Novoli presentava il suo nuovo "Vocabolario del vernacolo fiorentino e toscano" (Sarnus, pp. 192, euro 14), insieme all'attore Carlo Monni e alla cantante folk Lisetta Luchini. L'ottava rima, che siamo abituati a conoscere nella sua versione alta nelle realizzazioni poetiche di Poliziano, Boiardo, Ariosto e Tasso, è in realtà una forma di poesia che ha profonde radici nella tradizione popolare e vernacolare. Probilmente derivata da forme popolari come la lauda o la ballata, passando dalla tradizione dei cantari, è arrivata poi, tramite l'esempio illustre del Boccaccio, ad essere il metro principale della poesia narrativa rinascimentale.
Accanto alla tradizione letteriaria l'ottava rima è però nel tempo rimasta viva nella voce dei molti poeti improvvisatori che ancora nel novecento si potevano diffusamente sentire, sopratutto nell'Italia centrale. Nelle sue forme principali dello strambotto e del rispetto si può sentire ancora oggi, e ancora condivide con le antiche forme medievali alcune caratteristiche, come la tendenza all'anisosillabismo, all'assonanza, all'endecasillabo non canonico.
Proprio dall'ottava rima Bencistà ha cominciato la sua lunga esplorazione delle parlate vernacolari toscane, grazie a Gino Ceccherini ed Elio Piccardi. "Nel 1981 insegnavo all'istituto alberghiero" racconta "ed avevo in classe il nipote di Gino Ceccherini, poeta in ottava rima che aveva un banchino di lamette e schiuma da barba al mercato".
Nato nel 1904 a Rovezzano e scomparso nei primi anni ’80, a partire dagli anni sessanta il Ceccherini aveva iniziato, a sue spese, a incidere le sue ottave in 45 giri. E' l'inizio, per Bencistà, di una lunga esplorazione del vernacolo in ottava rima, e della ricerca di canti popolari spesso conservatisi intatti dall'inizio dell'ottocento: serenate, rispetti, stornelli mantenuti vivi dai "bernescanti", i poeti in ottava rima appunto, ai quali dedica un libro dal titolo omonimo nel 1994 ("I bernescanti: il contrasto in ottava rima e le tematiche attuali").
"Ho fatto ricerche in tutta la Toscana" dice Bencistà, "dalla Maremma all'isola d'Elba, dal lucchese all'appennino. E' la mia cultura, quella del mondo in cui sono cresciuto, ma dopo più di quarant'anni di insegnamento ho imparato anche molte parole nuove, anche parole dei giovani che sono stato attento a documentare". Il suo vocabolario appena uscito riporta migliaia di voci, da "abbacare" a "zuppa", utilizzate nelle diverse zone della regione, spiegate con esempi presi da opere celebri della letteratura, della musica e del folklore. "Ho raccolto dalle quattromila alle cinquemila voci utilizzando trenta dizionari toscani" dice. Il centro geografico e linguistico resta naturalmente Firenze, con la sua storia ricca di contatti e di influenze (da quelle medievali provenienti dai vernacoli dell'ovest ai calchi dall'inglese di oggi), ma anche le altre parlate toscane sono ben rappresentate ed indagate. Un' inestimabile ricchezza collettiva della memoria, che solo negli ultimi anni, nel mondo della globalizzazione, si è ricominciato ad apprezzare e a conoscere, e per il quale si è creato il termine di "patrimonio immateriale".
Alessandro Bencistà, classe 1941, ha fatto l'insegnante dal '64 al 2009. Nel 1996 ha fondato, insieme ad altri studiosi e interpreti del folklore toscano, il Centro Studi Tradizioni Popolari Toscane e il periodico «Toscana Folk» . Dopo molti anni passati ad occuparsi di arte, tradizioni popolari toscane, teatro e poesia in vernacolo, mettendo su anche un importante archivio, ci tiene a precisare la sua diversità di approccio: "Molti vocabolaristi e studiosi di tradizioni popolari scrivono interrogando" cercando un contatto con un mondo che non condividono e facendoselo raccontare davanti ad un registatore. "Io invece" dice Bencistà "non ho bisogno di interrogare il nonno, il contadino, la massaia... Perchè io sono il nonno, il contadino, la massaia".
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