La musica classica indiana ha origini antichissime, che risalgono addirittura ai Veda, cioè le raccolte di inni che costituiscono il sapere sacro per eccelenza dell' India antica, considerati da sempre rivelazione divina. Una delle quattro samitha (raccolte) che costituiscono la rivelazione è il Samaveda ("La raccolta della sapienza delle melodie") che era destinata all'udgatr (l'intonatore), il sacerdote che aveva il compito di accompagnare col canto degli inni il sacrificio del Soma (la bevanda rituale per eccellenza della cultura indo-iranica) . Al Samaveda, considerato il più antico esempio di canto liturgico che si conosca, erano associati dei testi che trattavano le melodie e le notazioni musicali. Questa musica alta, un tempo appannaggio dei soli brahamani, si è arricchita dell'apporto della musica popolare indiana e della musica persiana e di molte altre influenze nella sua lunga storia, ma ha sempre mantenuto un legame profondo con la struttura delle antiche melodie che si usavano mentre si preparava il Soma per il sacrificio. Come la musica classica occidentale, la musica indiana divide un' ottava in 12 semitoni, e le sette note di base, in ordine ascendente, sono chiamate Sa Re Ga Ma Pa Dha Ni Sa. Le più importanti differenze , invece, stanno nel fatto che la musica classica indiana usa l'intonazione naturale ed è tradizionalmente monofonica, basandosi su una singola linea melodica. Raga e tala, nella musica indiana, sono rispettivamente il modo melodico ed il ciclo ritmico della composizione.
Shankar finisce l'addestramento nel 1944, ed inizia da subito a sviluppare il suo particolare linguaggio musicale, fatto di guizzi, cambiamenti rapidi che rientrano subito nella melodia, fermandosi e riprendendo repentinamente la corda principale, attraversando i registri e le tradizioni, quella più melodica del nord e quella più ritmica del sud dell'India. Gli anni dal '56 al '70 sono per lui il momendo della fama e del riconoscimento internazionale: nel '56 è in tour in America, Germania e Inghilterra, dove registra il suo primo Lp; dal '61 è il primo indiano a comporre musica per film stranieri. Nel '66 il suo incontro con George Harrison al quale insegnerà a suonare il sitar (come peraltro a John Coltrane), ed è al suo insegnamento che si deve la canzone "Within You Without You". Icona nell'Inghilterra pop degli anni sessanta, perfettamente inserito nella cultura di quegli anni, suonò al Festival di Monterey nel '67 e poi a Woodstock nel '69. A partire dal '70 Shankar insegna in America, prima al City College of New York, poi all'università della California e infine come responsabile del dipartimento di musica indiana al California Institute of the Arts. Negli anni successivi collaborerà spesso con George Harrison, ma anche con musicisti e compositori classici: nel 1981 Zubin Metha conduce il suo secondo concerto per sitar e orchestra, "Raga Mala", mentre nel 1990 Shankar realizza un album col compositore contemporaneo americano Philip Glass, intitolato "Passages". Continua anche a comporre colonne sonore, ed ha una nomination all'Oscar per il film Gandhi nell'82.
Continuerà coi concerti dal vivo, nonostante l'età, ai ritmo di 25-30 l'anno, a partire dalla fine dei '90 affiancato dalla figlia Anoushka, anche lei virtuosa del sitar. E' con Anoushka che si esibirà l'ultima volta, il 4 novembre del 2012 al Terrace Theater a Long Beach. Poco più di un mese dopo, Shankar muore per problemi cardiaci in un ospedale di San Diego, in California, stato in cui dal 1967 era attiva la sezione occidentale della sua Kinnara School of Music.
Pandit (che potremmo tradurre come "maestro degno di grande rispetto") Ravi Shankar nella sua lunga vita ha scritto due autobiografie e rilasciato innumerevoli interviste, ma il modo migliore per conoscerlo resta quello di ascoltarlo suonare la sua musica: sospeso tra un' intelligenza sempre curiosa e protesa verso la sperimentazione ed un ostinato amore per una tradizione secolare che sentiva di dover trasmettere, anche nel più piccolo gesto.