Mercoledì, 17 Febbraio 2016 00:00

Esteri: quando i sogni son desideri (e tali rimangono)

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È interessante notare, tra i sinceri progressisti, ma anche tra i sinceri liberali, una tendenza, nell'immaginare le dinamiche sociali e politiche di Paesi lontani (culturalmente o geograficamente) a costruirsi una, spesso inconsapevole, versione di comodo: rassicurante e confermatoria della propria tesi.

“I sogni son desideri” recitava un brano di un popolare cartone animato, poi, però, arriva la realtà. Chi immagina alcuni Paesi, su tutti la Siria e l'Egitto, come vittime di brutali dittature che ne gestiscono l'apparato dello Stato e che sarebbero contrastate da un'opposizione liberale, o di sinistra, o addirittura rivoluzionaria (a seconda dei casi e a seconda del racconto che ci si è costruiti), immagina un mondo che non esiste, ignora quali siano le forze realmente maggioritarie all'opposizione di quei, pur criticabili, sistemi sociali e politici.

Il risultato politico più evidente che le cosiddette primavere arabe - che in alcuni contesti, come quello tunisino, hanno avuto un positivo ruolo liberatorio e democratizzante, mentre in altri hanno prodotto le macerie di cui è piena, ad esempio, la Siria - è stato l'emergere, come principali forze capaci, realmente, di porsi alla guida dei rispettivi Paesi, di realtà afferenti all'estremismo sunnita, nelle sue varie (e spesso in guerra fra loro) declinazioni: dall'autoritarismo dei Fratelli Mussulmani egiziani (cacciati non solamente dal golpe delle Forze Armate, poi legittimato nelle urne, ma anche da una marea popolare, indubbiamente più progressista) fino al ginepraio delle realtà terroriste, ora finanziate, ora avversate da Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar (questi ultimi due in guerra fra loro per l'egemonia regionale).

Con ciò non si assolve in toto chi, in questi anni post-primavere, ha governato quelle realtà (dal blocco, spesso corrotto ed inefficiente, al governo in Algeria, passando per l'autoritario, e non troppo benevolo nei confronti dei lavoratori Al Sisi, fino alla Siria, piena di contraddizioni economiche, del Baath), semplicemente si prende atto della realtà per ciò che è, e non per ciò che si vorrebbe fosse.

Si misurino dunque, tanto nel discorso pubblico, quanto nel giudizio sulla politica estera degli Stati, le reali forze in campo in ogni Paese, gli interessi in gioco per i lavoratori di casa nostra e per quelli di quei Paesi, il cosa succederebbe se (se Al Sisi cadesse, se Assad cadesse, se Bouteflika cadesse).
Si abbia, in definitiva, più senso di realtà, una realtà già di per sé complessa: è esercizio utile per chi aspira all'egemonia e non alla propaganda.

Ultima modifica il Lunedì, 15 Febbraio 2016 13:02
Roberto Capizzi

Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.

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