Forse perché non si possono catalogare come disfunzioni e distorsioni le varie forme di prevaricazione degli interessi privati sul bene comune all'interno di un modello di sviluppo basato sul profitto. Semmai esse sono le proprietà essenziali del modello che sta uccidendo il pianeta che ha ospitato anche la vita umana e che non riusciamo più a fermare. Le correzioni a un sistema simile potrebbero sembrare senz'altro ragionevoli a un primo approccio, ma una volta che gli interessi venissero incanalati come suggerisce il pontefice saremmo forse più rispettosi del bene comune? Qui si va sull'etica e declinare la propria idea di bene comune di fronte a masse di inermi scalzi nel fango all'interno di una bidonville intenti ad ascoltare le prediche di chi vive nell'agio di palazzi marmorei non è forse esattamente un'altra forma di manipolazione per proteggere quello che si potrebbe definire nient'altro che un interesse privato?
È certo che i "profeti di pace" richiamati dal Papa nel recente dialogo interreligioso dovrebbero senz'altro essere più rigorosi nella loro azione, d'altra parte basterebbe poco. Già basterebbe ricordare cosa sta accadendo nel Mali o nella Repubblica Centroafricana e in Costa d'Avorio, dove l’interventismo spregiudicato francese è tutt’altro che disinteressato e improvvisato, bensì studiato nei minimi particolari, per proteggere gli interessi occidentali, nel tentativo di contrastare l’ormai conclamata avanzata della Cina nel continente nero. Il procacciamento di risorse energetiche quali petrolio, uranio e gas sul territorio africano è da sempre lo sport preferito dagli europei, l'unica cosa che veramente sorprende oggi è vedere muoversi con tanta disinvoltura una supposta ex-potenza coloniale proprio nelle sue altrettanto supposte ex-colonie senza che nemmeno Sua Santità riesca a rammaricarsene. Probabilmente è solo per via della presenza dell'odiato nemico "rosso" che queste critiche vengono relegate nei non detti, altrimenti siamo certi che la funzione civilizzatrice europea sarebbe stata sottoposta a critica ben più severa dalla sempre vigile coscienza cattolica attenta all'umanesimo.
Tuttavia, potrebbe essere utile ricordare che la Francia nel 2011 intervenne ripetutamente non solo in Libia, ma pure in Costa d'Avorio con tanto di mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU bombardando le truppe fedeli a Gbagbo, arrivando a colpire lo stesso palazzo presidenziale e a dare l’assalto al bunker dove si trovava, catturando il Presidente per consegnarlo agli uomini del neoeletto Quattarà insieme alla moglie condannata a 20 anni di reclusione dalla Corte di Giustizia di Abidjan, mentre Gbagbo è attualmente recluso alla Corte Penale Internazionale con l'accusa di crimini contro l'umanità. Come ci ricorda Enzo Brandi nel suo saggio
"Il neocolonialismo francese in Costa d'Avorio" : "Molti suoi sostenitori sono uccisi o torturati. Durante l’avanzata dei ribelli, favorita dalle truppe francesi, le popolazioni delle etnie fedeli a Gbagbo (Betè e Guerè) subiscono massacri come quello di Duekouè, dove 800 civili sono uccisi, molte volte bruciati vivi, le donne violentate e i loro bambini sgozzati".
La stessa Repubblica Centrafricana così centrale per la missione misericordiosa del pontefice ha subito in anni recenti ampi e ripetuti interventi delle potenze europee che sembrano intensificarsi anziché placarsi: solo nel 2013 venivano dispiegati sul territorio centrafricano 1600 soldati francesi per attenuare gli scontri a carattere religioso. Il giudizio dell'organizzazione "Survie e Sortir du colinialisme" non lascia scampo alle illusioni sull'uscita dal colonialismo della repubblica indicando piuttosto
"nelle enormi risorse del territorio il reale obiettivo della Francia. In effetti, dal dominio coloniale francese (1903-1960) ad oggi, chiunque abbia governato la Repubblica Centrafricana ha interpretato il proprio mandato come possibilità di arricchimento- personale e non- attraverso lo sfruttamento dei diamanti, di cui il Paese è tra i maggiori esportatori del mondo".
Il Papa da buon servo del Signore e uomo del popolo in merito ha prontamente attuato il proverbio popolare per cui occorre dire il peccato ma non il peccatore, ricorrendo così al sempre valido ricorso per un uomo di fede alle mezze verità. Anche il Mali, tornato all'onore delle cronache in questi giorni, negli ultimi anni è stato oggetto di una svariata serie di interventi francesi: nel marzo del 2012 l’esercito maliano ha istituito un governo di transizione sospendendo la Costituzione come risposta all’avanzata nella parte settentrionale del paese di gruppi fondamentalisti islamici, la Francia ha quindi deciso di tornare a intervenire militarmente nella sua colonia con tanto di Legione straniera guidando l'Operazione Serval, anch'essa appoggiata dall'Onu con le risoluioni 2056 e 2085. Nel complesso le truppe sul territorio del Mali supereranno i 5000 soldati sul campo. L'Operazione Serval si è conclusa il 15 luglio del 2014, ma già il 1 agosto è iniziata la nuova "Operazione Barkhane" che prevede 1000 militari francesi in ferma permanente sul campo più altri circa 4000 militari schierati in vari territori per fronteggiare il fondamentalismo islamico.
www.analisidifesa.it, "Operazione Barkhane: La guerra di Parigi ai jihadisti nel Sahel"
A giudicare dal dispiego di basi militari e truppe francesi sul campo si può dire che la Francia si stia realmente preparando ad una nuova epoca, tremendamente simile a quella coloniale appunto e in cui persino un ritorno in Algeria potrebbe non essere da escludere (vedi in merito).
Proprio in questi giorni in cui restiamo sospesi sul filo di una guerra globale sempre più estesa, i summenzionati "profeti della pace" non riescono a far emergere le loro voci, come non sono emerse le critiche verso chi è tornato a intervenire direttamente con operazioni militari nel cuore dell'Africa rendendo sempre più evidente come resti ancora valida la definizione di neocolonialismo data da Kwame Nkrumah secondo cui per i regimi africani “l'autorità di governo dipende non dalla volontà popolare ma dal sostegno dei loro padroni neocoloniali”. Eppure non una parola di critica, nemmeno dal pontefice, ci sarebbe da pensare male. In verità qualche "profeta della pace" di religione islamica in Occidente ha tentato con forza di prendere le distanze dall'utilizzo della violenza religiosa, ma per molti pare non sia un gesto sufficiente, infatti questi continuano a pensare, laicamente e magari solo nel subconscio certo, ma nemmeno tanto, che la violenza servirebbe per far sparire ogni sorta di pericolo derivante da chi professa determinate religioni eretiche (leggi qui). Capita così di venire lanciati sotto alla metropolitana perché si indossa il velo, ma noi siamo secolarizzati a tal punto che il 10 novembre il principale argomento di discussione all'Eliseo era se si dovesse concedere il pranzo halal a Rohani. Poi accadono i fatti del 13 novembre e viene semplicemente sospesa la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo in Francia. Ma nulla di preoccupante poiché la nostra non sarebbe una tara culturale radicata, ma solo paura. Questo ci dice il pensiero mainstream, imbeccato dai media. Al limite si tratterebbe di una situazione da shock post-traumatico collettivo per gli eventi del 13 novembre, ma davvero nulla di radicato o di cui preoccuparsi realmente in realtà. Sì, i profughi siriani fuggiti dall'Isis e ora scambiati per terroristi dell'Isis la pensano diversamente e un po' si preoccupano, ma sono profughi appunto, mica sono in grado di capire i nostri problemi.
Per fortuna ora che Roma è finalmente libera dalla Mafia e che pure il Papa rientrerà dalla sua missione di "profeta della pace" in Vaticano potremo goderci questo Giubileo straordinario della misericordia che rifiuta strenuamente la logica della Chiesa dalle porte blindate per tornare ad abbracciare l'Africa come si faceva al tempo delle missioni dei civilizzatori bianchi.