L'attentato al presidente Maduro e la situazione in Sud America
Il 4 agosto una serie di esplosivi trasportati da droni ha preso di mira il Presidente venezuelano Maduro, che presenziava ad una parata militare a Caracas. L’attentato ha ferito sette persone ma lasciato illeso l’inquilino di Miraflores, che lo ha subito attribuito a una connessione tra l’estrema destra interna e una cospirazione basata a Miami e a Bogotá, dove riceverebbe l’appoggio del Presidente colombiano (uscente) Juan Manuel Santos. Una rivendicazione è giunta successivamente dai “Soldados de franelas”, i cui toni e argomenti richiamano quelli delle mobilitazioni di piazza della destra venezuelana.
Lo stesso giorno, il Partito dei Lavoratori brasiliano ha ufficialmente nominato Lula, in carcere dal 7 aprile, come candidato alla Presidenza per le elezioni di ottobre.
Arresto di Lula: l'ombra dell'ex presidente sulla politica brasiliana
Consegnandosi alla polizia sabato 7 aprile, l’ex presidente brasiliano Lula ha iniziato a scontare la condanna a dodici anni di carcere che, a sei mesi dalle elezioni, pone fine alla sua carriera politica (uscirebbe di prigione a ottantacinque anni).
Ritardando l’arrivo in carcere di un giorno, trascorso nella propria “casa” politica, il sindacato metallurgico di São Bernardo do Campo, Lula non ha quindi inteso sottrarsi all’esecuzione della sentenza o dare inizio a movimenti di azione extralegale. Chiamando a raccolta i suoi sostenitori, il leader del Partido dos Trabalhadores si è verosimilmente proposto tre obiettivi: un’ultima dimostrazione di forza, per provare a tutto il Paese quanto grande sia ancora il suo consenso presso i ceti popolari; l’invito ai suoi sostenitori a continuare, anche senza la sua guida, la lotta politica contro il ritorno del Brasile a soluzioni autoritarie e conservatrici; gettare i semi di un movimento popolare di resistenza che sarà forse necessario in futuro.
Italiani e il rapporto con la storia: il caso Battisti
Cesare Battisti fermato al confine con la Bolivia con pochi contanti mentre cerca di fuggire dal Brasile rischia di essere l’epilogo di una lunga storia che attraversa gli anni di piombo della Repubblica italiana. Infatti, lo Stato brasiliano sta compiendo, non casualmente, un’inversione di rotta sulla decisione di dare rifugio a Battisti. Non è difficile pensare che Battisti stesso abbia intuito questo cercando di riparare alla meglio come già aveva fatto nel caso della sua ultima fuga dalla Francia.
di Luca Onesti
Quest’anno la Mostra do Cinema da America Latina, organizzata dalla Casa da America Latina di Lisbona, è arrivata alla quinta edizione. È questa una delle poche occasioni in cui si può avere accesso ad un cinema vivo e di grande qualità come quello latinoamericano: il sistema di distribuzione cinematografico infatti tende a nascondere interi continenti, riducendoli ai pochissimi autori o film che trovano una diffusione nelle sale europee. Quest’anno non ho potuto seguire la Mostra in tutte le sue giornate (si può consultare il programma completo cliccando qui) e, oltre a segnalare il bellissimo film cileno Las analfabetas (Cile, 2013, di Moisés Sepúlveda, nato come spettacolo teatrale e interpretato dalle stesse attrici, Paulina García e Valentina Muhr, è la storia di una donna analfabeta di 50 anni che prova ad imparare a leggere con l’aiuto di una giovane professoressa), mi limiterò a raccontare la retrospettiva che quest’anno la Mostra ha organizzato sul documentarista brasiliano Eduardo Coutinho, curata dalla programmatrice della Mostra Maria Xavier (l’abbiamo intervistata l’anno scorso per Sosteniamo Pereira, qui) in collaborazione con Nuno Sena (programmatore dell’IndieLisboa, abbiamo intervistato anche lui poche settimane fa per Il Becco, qui).
Che io sappia, le prime esperienze latino-americane di democrazia partecipata non sono venezuelane ma brasiliane, attivate, sotto il nome di “bilancio partecipativo”, da amministrazioni locali (di stato federato o comunali) in mano alla sinistra, in particolare al suo principale partito, il PT (Partito dei Lavoratori) di Lula e Dilma Rousseff (sono rispettivamente il precedente e l’attuale presidente del Brasile). Le località più note di quest’esperienza sono lo stato di Rio Grande do Sul e la sua capitale Porto Alegre, per avere questa città ospitato i primi tre Forum Sociali Mondiali. Ma io ebbi la fortuna di conoscere con molto anticipo l’esperienza brasiliana, a San Paolo, prima ancora che Lula vincesse la sua prima presidenza.
Nei suoi termini generali l’esperienza brasiliana è fatta così. La maggioranza di sinistra, in uno stato o in un comune che sia, si impegna a determinare parte della propria spesa (il 20-25% circa, esattamente quella che non va in costi fissi già esistenti, come servizi sociali, servizi pubblici, assistenza, salari, stipendi) sulla base delle richieste della popolazione. Queste richieste vengono definite attraverso un itinerario fatto di assemblee popolari di ogni tipo (di quartiere, paese, ecc.; sindacali, di partito, da parte di altre forme associative, ecc.; di donne, giovani, studenti delle varie scuole, lavoratori delle fabbriche e degli uffici, ecc. ecc.), che trattano sia l’uso della totalità della spesa a disposizione che quello della parte impiegabile su un determinato territorio o in risposta a un determinato tipo di problemi. Naturalmente il risultato esorbita la cifra globale a disposizione.
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