Trump e sauditi: il filo di sangue che li unisce
Gli eventi della settimana appena trascorsa restituiscono un quadro definito dalla visita storica di D.Trump a Riad. Una visita che è centrale per capire il quadro mediorientale e non solo. Il Presidente americano infatti ha voluto stabilizzare l'asse coi sauditi e le monarchie del Golfo Persico al fine di incrementare il fatturato della macchina militare statunitense, divenuta sempre più vorace. L'accordo siglato per la vendita di armi statunitensi ai sauditi per 110 miliardi di dollari ne è la dimostrazione.
Come sempre il discorso economico è abbellito dai discorsi ideologici e quindi troviamo la solita retorica americana del Bene contro il Male, per cui secondo Trump con i sauditi "si può vincere (il terrorismo) solo se le forze del bene saranno unite". Queste le forze del Bene: gli Stati Uniti e i loro alleati wahabiti. Le forze del Male vengono invece identificate chiaramente nei musulmani sciiti. Un discorso che è un toccasana per la pace in Medio Oriente come può intuire qualsiasi. Ma non solo, Trump è stato ben più esplicito, definendo l'Iran la "punta di lancia dei terroristi nel mondo". Ecco che il nuovo nemico in Medio Oriente è identificato.
“Arca di pace o arco di guerra minacciosamente proteso nel Mediterraneo?”. La domanda che nei primi anni novanta don Tonino Bello si poneva per la sua Puglia, possiamo oggi farla per l’intera Europa. Perché la Ue non è solo moneta e politiche neoliberiste. Negli ultimi anni è diventata anche sistemi di polizia integrata, militarizzazione dei confini, missioni militari di contenimento dell’immigrazione che sono tutt’uno con gli accordi di libero scambio imposti ai popoli nordafricani. La linea del fronte è proprio qui, tra le due sponde del Mediterraneo le cui acque sono diventate il più grande cimitero della globalizzazione capitalista.
Su questa linea del fronte l’Italia è immersa dallo stivale in su.
Sabato 14 dicembre, Arapahoe High School, Centennial, Colorado, USA. È quasi l’ora di pranzo quando uno studente fa incursione nella scuola, apre il fuoco sui suoi compagni con un’arma, poi se la punta addosso e si ammazza. Le squadre speciali (le celebri SWAT) entrano in azione e perquisiscono tutti gli studenti. Oltre all’attentatore non ci sono altri morti.
Stesse immagini, stesse scene e per di più proprio nel primo anniversario della strage dei 20 bambini e dei 6 adulti della scuola elementare di Newtown. Sono sempre gli stessi titoli quelli che rimbalzano ogni anno nelle nostre televisioni: e noi ci stupiamo, pure. Ci chiediamo magari perché possano accadere certe cose in un paese economicamente e tecnologicamente avanzato come gli Stati Uniti d’America. Un paese il cui presidente ha ricevuto addirittura il premio Nobel per la pace.
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