Il divieto è contenuto in una legge approvata nel 1981, e seguita ad un pronunciamento del governo del 1976, ed è in piena sintonia con l'intera legislazione nipponica in materia di conflitti e relazioni internazionali.
Le nuove decisioni del militarista Abe e della sua maggioranza rimuovono dunque ogni singola misura ritenuta un ostacolo alla creazione del Giappone come una grande potenza militare in Asia.
Una potenza militare strettamente alleata degli Stati Uniti come dimostra la determinazione del governo di permettere la costruzione di una nuova base nella Prefettura di Okinawa. Dietro un “non ricordo” (inerente il processo di approvazione) si è trincerato il governatore della Prefettura Nakaima, sentito lo scorso 21 febbraio da una commissione d'indagine costituita dell'Assemblea della Prefettura per accertare il percorso che ha portato all'autorizzazione locale successivamente al progetto approvato nazionalmente.
A rendere particolarmente imbarazzante la posizione del governatore è stato il recepimento – avvenuto appena un mese prima dell'autorizzazione alla costruzione della nuova base – di un rapporto dell'Assemblea che qualificava come impossibile un mantenimento di positive condizioni ambientali con la costruzione dell'installazione militare.
Sulle ragioni che hanno portato ad autorizzare la nuovo collocazione nel distretto di Henoko (Nago) della base di Futenma il governatore si è giustificato dicendo che “non vi era altra scelta in quanto la richiesta rispettava gli standard imposti dalla legge”.
“Pensa che il Giappone possa dire “no” all'esercito statunitense?” è stata invece questa la provocatoria domanda del deputato comunista Shiokawa che lo scorso 18 febbraio ha interrogato il ministro della Difesa in merito ai voli di esercitazione a bassa quota condotti dall'aviazione a stelle e strisce nella regione di Chugoku: esercitazioni che hanno causato disturbo alla popolazione locale sia in termini acustici che di inquinamento atmosferico.
(con informazioni di Japan Press Weekly 19 – 25 febb. 2014)
foto Issei Kato/Reuters