Affacciandosi ai cancelli al 360 di via Reginaldo Giuliani a Castello chiunque avrebbe pensato di aver sbagliato posto: uno la sera esce di casa per andare a portare la propria solidarietà ai lavoratori della Seves che hanno deciso di occupare la fabbrica e si trova davanti una folla enorme di persone che aspettano di entrare.
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“Con la cultura non si mangia”: questa è una frase che si ripete spesso a Firenze, con le vicende dei lavoratori della ex libreria Edison e del Maggio Musicale. Nonostante Renzi abbia intitolato uno dei suoi libri “Stil novo”, nel capoluogo toscano la tendenza sembra quella di preferire un Hard Rock Café nel centro storico, piuttosto che un cinema in crisi.
Se alle Acciaierie Lucchini di Piombino l'altoforno potrà riaccendersi fra un mese, alla Seves di Firenze lo spegnimento del forno fusorio rischia di essere definitivo. Sarebbe la fine della produzione, e del lavoro per 106 fra operai e impiegati. I mattoni in vetro-cemento che escono dalla fabbrica di Castello, cuore produttivo dell'intero gruppo industriale, finirebbero nell'album dei ricordi. Nonostante abbiano ancora mercato, e siano considerati come un prodotto di alta qualità. Tutte queste considerazioni sono state riassunte nel grande volantino “Un'eccellenza fiorentina mandata in rovina, storia di un vetro infranto”, affisso ai cancelli dal presidio-picchetto operaio che ha deciso di fare resistenza nonviolenta. Per impedire ai tecnici di spegnere il forno.
Cosa ha messo in difficoltà la Seves? I vertici dell'azienda si giustificano dicendo ai sindacati che c'è una crisi di liquidità. Talmente forte che, secondo alcune voci, da gennaio l'intero gruppo industriale potrebbe essere dato in pegno alle tre principali banche creditrici. I lavoratori denunciano invece la persistente assenza di un piano industriale, e lo spostamento di grandi quantità di merce dallo stabilimento di Firenze verso un altra fabbrica Seves in Repubblica Ceca.
wLa proprietà della storica azienda fiorentina che produce mattoni in vetro, ha richiesto, in data 20/11/2012, la cassa integrazione ordinaria della durata di 13 settimane a partire dal 10 dicembre, per 97 dei 107 lavoratori dell’impresa con l’intenzione di spegnere il forno il 10 dicembre. Il rischio è che, come teme la RSU della Seves, al termine della cassa integrazione non venga riacceso il forno e quindi non sia assicurato il reintegro dei lavoratori e la ripresa della produzione.
Già alla fine del 2010 e nel 2011 è stata combattuta dai lavoratori una dura lotta per evitare la chiusura e la delocalizzazione dello stabilimento, e sembrava che le cose stessero andando per il verso giusto e adesso sono di nuovo punto e accapo…
In seguito all’interrogazione immediata agli enti locali (comune e provincia di Firenze, regione Toscana) dei consiglieri provinciali Andrea Calò e Lorenzo Verdi (Rifondazione Comunista) di fare chiarezza su questa faccenda, Dario Nardella (il vice sindaco di Firenze ), Stefano Saccardi (assessore alle politiche del lavoro), Federico Gianasi (presidente del Quartiere 5), insieme a Mauro Fuso (segretario della Camera del Lavoro), hanno incontrato le Rsu della Seves, e sia lavoratori che istituzioni ritengono ”inaccettabile l’ipotesi dello spegnimento del forno”.
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