La protesta contro il Decreto Sicurezza approvato ormai da un mese assume toni sempre più elevati. Diversi sindaci italiani hanno annunciato la propria disobbedienza alle norme emanate. Ai sindaci di Palermo, Napoli, Firenze, Reggio Calabria e Parma che si sono opposti all’applicazione del “decreto sicurezza” se ne sono poi aggiunti altri, rendendo la protesta sempre più radicata tra i rappresentanti delle comunità cittadine.
Con i decreti legge Minniti-Orlando del 2017 tutto questo trova piena realizzazione: “Daspo urbano” e militarizzazione delle città, “grazie” agli accordi con la Libia (e qui non stiamo a sottolineare la situazione di caos presente in questo paese, in cui intere zone sono sotto il controllo di milizie armate), “i respingimenti in mare diretti e «per procura» alle autorità libiche diventano uno strumento ordinario di controllo degli ingressi”1, così come i trattenimenti nelle carceri libiche (in cui i diritti umani non vengono minimamente rispettati).
«E poi ascoltatevi un po’, mentre vi servite di questa parola, integrazione. Questa parola debole. Come si fa ad essere così maldestri? Guardate com’è rivelatrice di tutta la malafede che c’è in voi. Chiederci di integrarci dopo che siamo qui da due o addirittura da quattro generazioni è una vera presa per il culo. Voi credete che integrandoci riuscirete a domare le periferie, a ridurre la criminalità? Detto fra noi, i francesi amano questa parola, integrazione, perché fa’ credere loro di essere in grado di addomesticarci. Ma noi non siamo animali selvaggi. Lo sapete?… voi avete invertito i ruoli. Non sta a noi fare lo sforzo. È troppo tempo che ci facciamo il culo a spaccare le vostre vecchie strade con il martello pneumatico, ad assemblare i binari dei vostri treni con la fiamma ossidrica o a posare sul cemento le nuove piastrelle del vostro bagno. Non ci integreremo, perché questa parola è ripugnante. Sa di campo di correzione. […] Noi non aspettiamo con finta trepidazione che voi ci accettiate. La vostra integrazione ci fa ridere. È una parola tremenda. Non ci interessa. Noi non ci dobbiamo integrare. Non ci integreremo. Aspetteremo che voi reagiate, che ci vediate come chiunque altro, come uno straniero qualunque, come un francese qualunque.»
(Ahmed Djouder, Disintegrati. Storia corale di una generazione di immigrati, il Saggiatore, Milano.)
Il Decreto Salvini sull’immigrazione ha destato parecchio scalpore nella sinistra antagonista, portando diverse piazze nell’ultimo weekend a mobilitarsi per il suo ritiro. Il decreto approvato lo scorso 24 settembre contenente norme riguardanti l’immigrazione e la sicurezza ha come principale obiettivo la restrizione del diritto di asilo.
Migranti , solo il do ut des ci salverà
In Italia da anni tiene banco la questione migranti. Sembra, ad ascoltare i discorsi di taluni politici e della gente comune, che un'orda di persone si sia scaraventata nella nostra penisola, arraffando tutto quello che trova sulla sua strada. Una sorta di invasione barbarica 2.0. Se invece ci calmiamo un attimo e ci prendiamo due minuti per leggere dei dati attendibili scopriamo che secondo i dati dell'UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) in Italia sono sbarcati 181.405 migranti. Certamente un dato che non ci pone ai vertici della classifica europea.
Articolo tratto da Il manifesto di venerdì 13 gennaio 2016
Incendio in capannone occupato, muore rifugiato somalo
“Ali Muse è morto per colpa dello Stato”, si legge sullo striscione che apre il corteo di un centinaio di migranti prima sotto la Prefettura di Firenze e poi nel cortile di Palazzo Strozzi, dove i richiedenti asilo occupano pacificamente le scale che portano alla mostra sull’emergenza profughi del dissidente cinese Ai Weiwei. L’esposizione resta aperta, nessuno ha il coraggio di dire alcunché ai manifestanti, arrabbiati e addolorati al tempo stesso.
With Refugees: un concerto in occasione della giornata mondiale dei migranti
Secondo le stime più recenti, sono oltre 65 milioni i profughi e rifugiati in fuga dalla guerra o da persecuzioni su base religiosa, etnica, politica. Si tratta di un evento epocale, dalle proporzioni e dalla rilevanza globale. Si tratta soprattutto, di un fenomeno frutto di un sistema-mondo sempre più polarizzato ed iniquo, dove a zone di forte concentrazione di ricchezze si contrappongono vaste aree di povertà ed instabilità in cui è troppo spesso impedita ogni possibilità di portare avanti una vita sicura e decorosa.
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