Non bastasse, i rifugiati, che fuggono da situazioni disperate e che spesso muoiono nel tentativo di raggiungere un luogo più sicuro, che vengono fermati e respinti da chi ha contribuito a creare le condizioni della loro miseria, sono spesso vittima anche di una percezione distorta che buona parte dell’opinione pubblica del mondo occidentale ha nei confronti della loro tragica condizione. Prevalgono sentimenti di indifferenza o di paura, se non addirittura di odio o di ribrezzo, esito dell'ignoranza e dell’adesione a visioni del mondo rozze e semplicistiche.
Organizzata da UNHCR Italia - Agenzia ONU per i Rifugiati, la maratona musicale che si è tenuta alla Visarno Arena a Firenze il 20 Giugno scorso, in occasione della giornata mondiale dei rifugiati, è un tentativo di dare una risposta a questa indifferenza generalizzata, che riguarda anche le massime istituzioni nazionali e comunitarie, nei confronti di quelle persone la cui unica colpa è quella di voler vivere in un luogo sicuro.
In un contesto di crescente xenofobia e di psicosi collettiva, di barriere fisiche e mentali, l’evento ha voluto veicolare tramite la musica un messaggio di vicinanza e sostegno a chiunque sia costretto ad abbandonare la propria casa per salvarsi la vita. A dividersi il palco sono stati vari esponenti della scena musicale italiana, in particolare di matrice indie-rock ma non solo. Fra vecchie glorie (Marlene Kuntz, Tre Allegri Ragazzi Morti, Piotta) e giovani rivelazioni (IoSonoUnCane, C+C=Maxigross), molti musicisti si sono alternati dalle 17:30 fino a mezzanotte per una line-up che vedeva anche la partecipazione di Ministri, Il Teatro degli Orrori, Paolo Benvegnù, MauMau, Selton, Sandro Joyeux, Verano e General Stratocuster & The Marshals. A chiudere il pop elettronico di Cosmo, frontman dei Drink to Me.
La sequenza di brevi ma intensi concerti, presentati dai giornalisti Valentina Petrini e Benedetto Ferrara, sono stati alternati da momenti in cui alcuni rifugiati in Italia hanno portato la loro personale testimonianza e dal documentario “If I Close My Eyes” che racconta la storia di alcuni bambini siriani fuggiti dalla guerra civile. L’evento gratuito, che ha visto la partecipazione di oltre 8000 spettatori, ha ben dosato i momenti di puro intrattenimento con quello di divulgazione culturale, senza mai risultare pesante o eccessivamente prolisso, nonostante l’abuso di qualche slogan un po’ retorico.
Come l’anno scorso, anche questa volta #WithRefugees ha dimostrato che esiste una scena musicale italiana attenta ad una delle più delicate problematiche della nostra epoca e che la musica può ancora farsi veicolo di rivendicazioni sociali e politiche.