Giovedì, 01 Novembre 2018 00:00

Decreto Salvini su immigrazine e sicurezza, tra business e repressione

Scritto da
Vota questo articolo
(1 Vota)

Il Decreto Salvini sull’immigrazione ha destato parecchio scalpore nella sinistra antagonista, portando diverse piazze nell’ultimo weekend a mobilitarsi per il suo ritiro. Il decreto approvato lo scorso 24 settembre contenente norme riguardanti l’immigrazione e la sicurezza ha come principale obiettivo la restrizione del diritto di asilo.

A tal fine è prevista l’abolizione sostanziale della protezione umanitaria istituita nel 1998, che viene ridotta pochi e stringenti casi, evitandone il suo utilizzo a tappeto che ne ha fatto il principale strumento di richiesta di asilo nel 2018. La protezione umanitaria verrà così sostituita dai permessi di soggiorno per “casi speciali”, ossia per «coloro che si distingueranno per “atti di particolare valore civile”, vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, persone che necessitano di cure mediche, persone che provengono da un paese che si trova in una situazione temporanea di “contingente ed eccezionale calamità"» (tratto dal Report della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni).

Il Governo gialloverde smontando alla base il sistema di protezione umanitaria intende così mettere in discussione il Sistema Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) che resterà destinato solamente a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Questo Sistema venne istituito durante il secondo Governo Berlusconi dalla legge n.189/2002, la famosa Bossi-Fini, istituzionalizzando le varie misure di accoglienza organizzata decentralizzata che vennero promosse tra la fine degli anni Novanta da associazioni e organizzazioni non governative sotto la guida dell’ANCI.

Il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA) è quella voce di bilancio del Ministero degli Interni che ha permesso in questi anni di mantenere in piedi e diffondere così capillarmente questo servizio statale che negli ultimi vent’anni ha avuto così grande successo come strumento d’integrazione, in particolare dal 2012 in poi (vedi figura). Di fatto oggi lo SPRAR consiste in una rete di enti locali, del Terzo Settore e privati che possono attingere al fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA) sviluppando progetti per l’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo. I progetti finanziati dal fondo vanno a implementare quella rete dell’accoglienza integrata, che secondo il vecchio legislatore dovrebbe essere la panacea ai mali che affliggono l’umanità.

Le ricadute concrete permettono di garantire agli interessati non solamente forme di sussistenza minima quali vitto e alloggio, ma anche altri servizi, quali l’assistenza socio-sanitaria, l’accesso ai servizi locali, l’insegnamento e l’istruzione per adulti e l’iscrizione a scuola dei minori. Insomma, il Governo starebbe per mettere mano al sistema che regolamentava il fragile sistema d’integrazione degli stranieri in Italia, ovviamente seguendo una logica restrittiva. Il successo di tale operazione si misurerà essenzialmente dalla reale capacità di ridurre le affluenze e non intasare i Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria). Se non vi saranno espulsioni difficilmente si potrà andare incontro a qualcosa di diverso da un avvitamento del modello di integrazione, passando da uno profondamente lucrativo come quello attuale coordinato dal Sistema Sprar al vecchio Sistema repressivo dei Centri di Accoglienza, in cui i profughi non accedevano ad alcuna procedura di finta integrazione rimanendo sostanzialmente dei reclusi.

Così facendo senz’altro si abbandonerà l’ipocrisia di un’integrazione forzata dall’inserimento in un mercato del lavoro senza tutele, però si rischia di tornare al concentramento delle persone in strutture per nascondere il problema sociale. Ci troviamo di fronte a una di quelle contraddizioni che il capitalismo non può sciogliere rispettando un ipotetico “lato umano”. L’umanitarismo non esiste in un mondo che continua a muoversi secondo le logiche del profitto e, allo stesso modo, l’integrazione resta un business secondo i progressisti che erano al Governo prima, oppure un brutto affare da reprimere secondo i conservatori che sono al Governo oggi. In definitiva, finché non si procederà a mettere in discussione un modo di produzione basato sullo sfruttamento del lavoro, difficilmente avremo il pieno rispetto della persona che l’umanitarismo si prefigge di raggiungere intervenendo unicamente a livello sovrastrutturale.

 

Immagine di Paride De Carlo ripresa liberamente da flickr.com; grafico dal Rapporto Sprar sulla protezione internazionale in Italia del 2017

Ultima modifica il Giovedì, 01 Novembre 2018 13:17
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.