E allora da dove viene questa sensazione di invasione? Probabilmente dal non riuscire a far fronte alla situazione e organizzare i flussi migratori secondo criteri sostenibili. Infatti non è secondo me possibile credere che i migranti destinati alle altre nazioni siano tutti armati delle migliori intenzioni di integrarsi e lavorare, mentre quelli che vengono da noi siano i peggiori 'avanzi di galera' senza speranza. Per la legge delle probabilità qualcuno per forza "sbaglia mira". Tutto sta nel come queste persone vengono accolte una volta arrivate: ovviamente se vengono abbandonati a loro stessi sarà molto pi§ probabile che si incamminino sulla cattiva strada.
E quindi che fare? Quello che ci vuole è organizzazione e senso pratico. Non dobbiamo pensare a come 'disfarci' dei migranti, ma accettare il fatto che ormai sono qua e nessuno ce li leva... quindi è assolutamente necessario dar loro gli strumenti per integrarsi, così da poter almeno avere la coscienza tranquilla e poter dire che "ce l'abbiamo messa tutta". Secondo me è proprio questo che è mancato fin dagli albori della questione migranti: la società (e la politica) si è divisa in due fazioni. Da un lato quelli dello 'Yankee go home!' (capitanati da Salvini), secondo i quali l'unica risposta poteva essere quella dei muri, delle barricate. Dall'altro lato si sono invece schierati i paladini dell'accoglienza senza se e senza ma.
Ritengo che entrambe queste posizioni debbano essere riviste: se è ovvio, come ho già avuto occasione di dire, che rifiutare l'immigrazione non è una strada percorribile, non si può neanche accogliere indistintamente tutti spinti solo dal ragionamento che "poverini scappano dalla guerra". Infatti, oltre al rischio di essere facilmente smentiti (è palese che per tanti migranti, pur avendo validissime ragioni per scappare, il problema non sia la guerra), ce n'è un altro altrettanto pericoloso: non riuscire ad inserire i nuovi arrivati nel tessuto sociale del nostro paese, quindi da una parte non 'far del bene' a loro e dall'altra alimentare quella paura dell'invasione della quale si è detto. L'accoglienza deve avere delle regole ferree: in prima battuta l'immigrato deve imparare la lingua del paese in cui approda. Ma non possiamo pensare che una lingua, qualsiasi lingua, la si impari bene respirando, né che i migranti la debbano studiare a casa loro prima di mettersi in viaggio (nei loro paesi la London School magari non c'è): dobbiamo lavorare sul garantire i corsi L2 a tutti, cominciando ovviamente dalle scuole. "Ma costa" mi direte. Ma costa sicuramente di più tenere persone in età da lavoro nell'ozio perché non hanno gli strumenti per trovare un qualsivoglia impiego. E poi comunque costi o meno è un'esigenza imprescindibile.
Ho fatto questo esempio, ma ce ne sarebbero altri mille, per far toccare con mano che non porta da nessuna parte l'ostinarsi, atteggiamento tipico della sinistra, a non voler vedere i problemi. Infatti se una criticità non la consideri non puoi affrontarla e risolverla. Smettiamola di usare a sproposito la parola risorsa: nessuno è una risorsa a prescindere, ma bisogna dare a tutti gli strumenti adatti a diventarlo. Non ci possiamo affidare alle formule magiche, la Fata Turchina l'ha rapita Cenerentola! Non è giusto continuare a nasconderci dietro la frase "gli immigrati svolgono quei lavori che gli italiani non vogliono più fare". Intanto si potrebbe dire che non è vero: con la crisi purtroppo 'il lavoro è lavoro' e quindi non si va più tanto per il sottile.
Infine, considerazione ancora più importante, siamo sicuri che sia giusto accettare che ci sia qualcuno il cui 'ruolo' è solo e soltanto toglierci le castagne dal fuoco? Assolutamente no: i migranti devono, discorso che dovrebbe valere per tutti, poter scegliere il loro destino. Devono quindi essere messi in condizione di poterlo fare. Ed è questa, a mio parere, la sfida dei nostri giorni: governare il fenomeno delle migrazioni al e farne un punto di forza della nostra economia (ma non solo). Ma per far questo, ci tengo a sottolineare un'ultima volta, non dobbiamo 'badare a spese' e soprattutto dobbiamo abbandonare l'idea che certi argomenti siano dei tabù intoccabili. Certo, bisogna accogliere chi ha più problemi di noi, ma intanto lo scopo deve essere garantire loro una vita migliore, non sostituire una criticità con un'altra. Non possiamo accettare che le scelte politiche creino una 'guerra tra poveri'. Dobbiamo tenere sempre presenti anche i problemi degli indigeni e metterci d'impegno per risolverli entrambi, di modo che nessuno si possa sentire figlio di un dio minore.