Proviamo a cominciare dall’inizio: rimettere a tema la questione comunista. Il punto è si cercare di rilanciare e rigenerare una soggettività di classe , al momento assente, ma la vera discriminante è come si dovrebbe dar vita a questo soggetto. Secondo noi abbiamo due possibilità. Da un lato fare un’operazione di lifting, che si limiti ad abbellire ciò che già esiste, mettendo una gigantesca pietra sopra agli errori del passato, continuando a perseverare sulla strada del dare tutto per scontato, anche il risultato che si vuole raggiungere, pensando che i simboli siano pieni di significati in quanto tali, e non perché qualcuno li ha riempiti. Dall’altro possiamo, invece, costruire un percorso di confronto chiaro sulla realtà che viviamo, su quali sono stati i suoi mutamenti e su quali binari cammina oggi il conflitto capitale-lavoro. Un percorso che abbia al centro la questione comunista, ma quella di oggi, nella società di oggi, che deve interpretare i bisogni delle classi di oggi. Abbiamo il dovere, proprio perché comunisti, di capire l’esistente per cambiarlo veramente. In parole povere, non basta agitare una bandiera rossa perché qualcuno si accorga di noi.
Se il ruolo dei comunisti è quello di essere “utili” al cambiamento, non possiamo non porci il problema di quali devono essere i cambiamenti e di come raggiungerli, sapendo bene che la strada da seguire è evidentemente quella del “Socialismo”.
Altra questione che ci sembra fondamentale sono i tempi e le forme del dibattito. Ci sembra chiaro che il terremoto che ha colpito non solo noi, ma tutta la sinistra italiana, detti delle urgenze che non possiamo ignorare, ma che secondo noi non sono in antitesi con la necessità di un dibattito interno ai comunisti, sul loro ruolo e sul loro organizzarsi. Anzi pensiamo sia indispensabile ragionare per cerchi concentrici e inquadrare la questione comunista all’interno della costruzione di una sinistra più ampia, senza però farci ingabbiare da steccati inutili e, d’altro canto, senza rincorrere soluzioni politiciste e tattiche elettorali che, lo abbiamo già visto, non portano a nessun risultato.
Per questo pensiamo che, se è vero che è fondamentale sempre fare dei passi in avanti, senza rassegnarsi all'immobilismo, all'attendismo, al sommergibilismo, è altrettanto vero che le fughe in avanti, gli scontri all'arma bianca intestini, lo schieramento di forze pro e contro... non sono all'ordine del giorno per quanto ci riguarda. Far emergere con chiarezza le posizioni in campo, rendersi conto che in questione c'è la stessa civiltà del Paese, perché senza comunisti la sinistra italiana perde un pezzo fondamentale, facendo venire meno quegli argini democratici che per decenni hanno salvaguardato le condizioni di vita degli italiani. Questo vuol dire un confronto franco, che si avvii in tempi rapidi, sfruttando magari il periodo estivo, perché si riesca a ripartire con la maggiore unità possibile tra quelli che ancora non si sono rassegnati a smettere di definirsi comunisti. Non si può chiedere ai compagni che sono sui territori di allinearsi su qualche documento, oggi più che mai non possiamo farlo. I pochi che resistono devono poter partecipare direttamente. Non si può commettere lo stesso errore che ha caratterizzato i 20 anni della sinistra italiana, fatta di cordate e spifferi che chiedevano le conte, giocando su mal di pancia e coltivando antipatie o rancori anche personali.
Si tratta quindi di partire da un’analisi vera della realtà e di capire come, in questa realtà, siamo chiamati ad agire, con nuove forme e nuovi metodi di fare politica, che ci diano la possibilità di tornare ad essere davvero un punto di riferimento.
Immagine tratta da www.bradleyestates.ca