Venerdì, 28 Dicembre 2018 00:00

Il decreto sicurezza spiegato in 3 passi: 3. Aumentare il carcere senza reato

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Anche se in ritardo rispetto all’approvazione della legge di conversione del decreto, con annessa entrata in vigore, andiamo ad analizzare la terza parte del dispositivo in materia di trattenimenti, espulsioni e procedure di asilo. Hanno votato a favore dell’adozione, oltre a M5s e Lega, anche FdI e Forza Italia. Al momento della proclamazione del voto, dai banchi della maggioranza, in particolare da quelli della Lega, si è levato un boato di soddisfazione.

Venendo all’ultima parte di analisi del decreto, ormai legge, vediamo che viene portato da 90 a 180 giorni il periodo massimo di possibile trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) e viene introdotto il trattenimento per un massimo di 30 giorni in hotspot o in Centri governativi di prima accoglienza dei richiedenti asilo «per la determinazione o la verifica dell’identità e della cittadinanza» così aumentando a dismisura l’area della detenzione amministrativa, o anche del carcere senza reato. Il decreto prevede inoltre la tempestiva esecuzione dei lavori per la costruzione, il completamento, l’adeguamento e la ristrutturazione dei centri di permanenza per il rimpatrio entro 3 anni dall’entrata in vigore del decreto.

Ma che senso ha ampliare i tempi di permanenza nei centri se i rimpatri sono in calo?
Quest’anno si è verificato un –20% dei rimpatri (463 al mese contro i 577 dell’anno prima), vicenda evidenziata sia dall’Ispi che da Avvenire; ma come fa allora il Ministro a sostenere il contrario? Con un gioco di prestigio statistico viene diramata una nota che così recita: «I rimpatri forzati aumentano. Dal primo gennaio al 31 maggio 2018 sono stati 2.833, mentre dal primo giugno al 9 dicembre 2018 sono saliti a 3.626». La mistificazione operata dal Ministro è presto scoperta: anziché attenersi a periodi analoghi, il leader della Lega arbitrariamente propone un confronto gennaio-maggio 2018.

Torniamo ora al quesito di partenza: come mai il nostro paese ha deciso di adottare politiche proibizionistiche, che vengono inasprite da un mandato a un altro, in materia di immigrazione, non avendo poi cura che queste trovino un’applicazione rigida e severa? Senza voler ridurre i vari attori in scena a un’unica volontà e senza voler banalizzare l’argomentazione, abbiamo già riflettuto sulla capacità che la minaccia della deportazione ha sulla diversa disponibilità della forza lavoro del soggetto migrante. A questo elemento di base va aggiunta un’altra considerazione: la trattazione congiunta di immigrazione e sicurezza – non necessitata da ragioni tecniche o pratiche – ha l’evidente obiettivo di indurre (o consolidare) la convinzione che i responsabili dell’insicurezza diffusa sono i migranti e di contribuire alla realizzazione di quello che è stato definito un nazionalismo autoritario.

Ma come è possibile per un migrante riuscire a “integrarsi” e ad acquisire quella virtù civica che vogliamo imporgli, quando quello che gli spetta è la lotta quotidiana per i documenti e la continua scelta tra lavoro illegale, sfruttamento e criminalità? Non avrebbe forse più senso investire le risorse destinate ai rimpatri, che spesso non possono neanche essere eseguiti, per reintrodurre dispositivi di migrazione regolare, qualsiasi sia la ragione per cui il migrante raggiunge il nostro paese, chiudendo l’annoso dibattito se sia più meritevole della nostra compassione il rifugiato o il migrate economico? Posto che questa distinzione abbia mai avuto senso.



Le nuove procedure di asilo.
La nuova disciplina prevede che in caso di diniego dell’asilo è previsto, anche in pendenza di ricorso che potrebbe ribaltare la decisione della commissione territoriale cosa che avviene circa nel 50% dei casi, l’obbligo di lasciare il territorio dello Stato (fatti salvi gravi motivi di carattere umanitario) per chi è sottoposto a procedimento penale o condannato anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati gravi e di media gravità; a questo si aggiunge la previsione del rigetto della domanda di asilo per manifesta infondatezza in una pluralità di ipotesi, tra cui quelle, non certo eccezionali per le migrazioni odierne vista la progressiva chiusura dei canali di ingresso regolari, di ingresso illegale nel territorio dello Stato e di mancata presentazione tempestiva della domanda.

Su questo va fatta una rapida digressione. A causa di quanto previsto dal Regolamento Dublino, i migranti sono obbligati a veder processata la propria domanda di asilo nel primo paese nel quale gli vengono fatti i rilievi fotodattiloscopici; proprio per questo spesso chi punta a paesi diversi da quelli di primo transito come l’Italia, cerca in tutti i modi di rifiutarsi di presentare domanda in Italia, sperando di passare altri confini. Legare a questa scelta la possibilità di chiedere asilo è quantomai assurda, considerando che questo stesso governo ha rifiutato la proposta del nuovo Regolamento Dublino, redatta dal Parlamento Europeo, nella quale si proponeva di sostituire l’attuale modello con quello a quote, sicuramente più solidale tra i paesi del Nord e Sud Europa.

Inoltre con le nuove disposizioni viene affidata ai Ministeri degli Esteri, dell’Interno e della Giustizia la predisposizione e l’aggiornamento di un «elenco dei Paesi d’origine sicuri» per i cui cittadini il diritto di asilo è concedibile solo in presenza di «gravi motivi» di carattere personale; disposizione alquanto discutibile considerato che la Libia, paese del quale è noto quale sia il trattamento riservato ai migranti nei campi, è considerata «sicura». Infine vengono aumentati quel tipo di reati che annullano la sospensione della richiesta di asilo politico, dopo una condanna in primo grado, portando all’espulsione immediata. I reati in questione sono violenza sessuale, spaccio, furto e lesioni aggravate a pubblico ufficiale.

Queste modifiche legislative hanno fatto sì che siano respinte quattro domande di asilo su cinque. Non solo: i nuovi criteri più restrittivi hanno avuto come effetto anche un aumento record dei casi di diniego. A novembre la percentuale di domande respinte è stata dell’80% (a fronte del 7% di domande di asilo accolte e dell’8 di protezioni sussidiarie concesse) rispetto al 75% di ottobre, al 72% di settembre e al 59% di agosto; un trend perciò in continua crescita. 
Quindi in sostanza il decreto elaborato, come scritto in uno dei suoi capi, per un «contrasto all’immigrazione irregolare», insieme alle ruspe tanto acclamate, provocherà in poche settimane soltanto, stando ai dei ricercatori dell’Ispi, almeno 130mila nuovi irregolari che si sommeranno agli altri 530mila stimati da vari studi, come quello condotto annualmente dall’Ismu.

 

Immagine di Antonello Mangano liberamente ripresa da flickr.com


Ultima modifica il Martedì, 11 Giugno 2019 12:24
Alessandra Maggi

Nata a Roma, classe 1991, studia Giurisprudenza all’Università di Pisa, durante il corso di studi si è specializzata in diritto dell’immigrazione. Questa materia è una passione che occupa il suo tempo, dalla militanza in Progetto Rebeldìa, fino agli studi, passando per esperienze lavorative come operatore in accoglienza. A questo si aggiunge un impegno nella lotta per la casa, con l'associazione Unione Inquilini sede di Pisa.

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