Da questa esperienza precedente emerge che «puntare sulle privatizzazioni per risolvere il problema dell'indebitamento pubblico non serve, o quantomeno non basta». Infatti a «10 anni di distanza stiamo peggio di prima» in termini di rapporto debito/Pil e quindi di indebitamento pubblico, che ha «per la prima volta sfondatola soglia dei 2.000 miliardi».
Nello stesso articolo si giudicano i futuri piani di cessione delle municipalizzate e di altre proprietà dello Stato come non utili, se non in termini di riduzione della spesa pubblica (anche perché di certo non aumentano le entrate, una volta che si è incassato il compenso della vendita).
Una domanda molto ingenua: se un servizio è in perdita, una volta affidato a un privato, perché quest'ultimo dovrebbe tenere in piedi qualcosa che non conviene? Se invece il servizio può diventare fonte di guadagno, perché non ottimizzarlo e aumentare le entrate nel corso degli anni a venire, anziché limitarsi a fare cassa nell'immediato e rimandare i problemi strutturali?
Altri articoli volgono lo sguardo al resto del vecchio continente, citando anche la Cina, che nel 2013 ha superato gli Stati Uniti in termini di privatizzazioni (sia come operazioni che come miliardi di dollari).
Emergono alcuni dati che abbiamo trovato particolarmente interessanti.
La Grecia «ha messo a segno la più grande operazione del semestre» con «un piano per vendere il maggior numero di asset possibile».
La Spagna «riprende il progetto di dismissione delle società pubbliche che era stato cavallo di battaglia (anche ideologico) del premier José Maria Aznar» che poi Zapatero riprese «in piena crisi economica e finanziaria, al solo scopo di tappare i buchi di bilancio». In realtà il paese non è così fermo in termini di dimissioni. «Negli ultimi dieci anni la Spagna ha concluso accordi di cessione di società pubbliche per un totale di 49 miliardi ma il Paese si era portato avanti negli anni Novanta». Visti i risultati resta difficile comprendere l'utilità di queste operazioni, visto che in terra iberica si parla di privatizzare anche la lotteria nazionale, pur di fare cassa.
Il Portogallo «nel 2012 ha fatto meglio di tutti in Europa cedenti ai privati otto società a capitale statale» ed è »diventato uno dei principali protagonisti delle privatizzazioni».
Tanto è stato fatto, ancora molto "l'Europa" pare voler chiedere. Alla luce di questi dati, riportati da una fonte che certamente non può essere accusata di voler avversare la svendita dei beni dello Stato, viene però da chiedersi a che serve (o a chi serve).
Tra le imminenti principali operazioni italiane c'è la cessione di una parte di Grandi Stazioni da parte delle Ferrovie dello Stato, «finalizzata a ridurre i trasferimenti statali al gruppo guidato da Mauro Moretti». Si vende una proprietà di una società controllata dal Ministero dell'Economia, per fare in modo che alla stessa arrivino meno soldi dallo Stato, in vista della privatizzazione della stessa (che così è anche alleggerita in vista dell'ingresso sul mercato a pieno titolo).
«Riparte la stagione delle privatizzazioni» annuncia uno degli articoli del Sole. Resta complicato ritenerla una buona notizia, anche stando a chi sostiene il libero mercato.
Citazioni da «il Sole 24 Ore» del 6 gennaio 2013
"Cessioni pubbliche a portata ridotta" p. 4
"Riparte la stagione delle privatizzazioni" p. 5
"Madrid mette in vendita la «Sace iberica»" p. 5
"Lisbona ora scommette sulla Tap" p. 5