La tragedia avvenuta in Puglia, un incidente che per la sua assurdità e per i suoi numeri lascia sgomenti, ci parla di un nemico silenzioso eppure letale: la trascuratezza nella quale è immerso il settore dei trasporti italiano.
Anni di trasferimenti insufficienti, di gestione opaca della rete e dei vettori (si veda, soltanto a titolo di esempio, il caso del GPL di Cosentino), di lavori che non accennano a partire anche quando finanziati o che pure si trascinano in eterno, di controlli limitatissimi (all'origine della strage di Viareggo vi fu un carrello in condizioni precarie), di monopolisti privati che si ingozzano di profitti e soldi pubblici, hanno messo in ginocchio uno dei settori chiave per lo sviluppo dell'Italia ed aumentato enormemente i rischi per l'incolumità di passeggeri e personale viaggiante.
La palla passa ora alle forze politiche ma ancora di più alle organizzazioni sindacali, affinché questa tragedia non scivoli lentamente verso il fondo della memoria del Paese e si assuma la sicurezza, il diritto a prendere un treno per andare a lavoro o a scuola e tornare vivi a casa la sera, come centrale per ogni futura discussione sul tema. I sindacati delle ferrovie, tra gli ultimi, probabilmente, ad avere grande compattezza ed incisività, incrocino le braccia, spesso o a lungo; i pendolari siano con loro solidali ed anziché sbuffare manifestino gratitudine per quella lotta.
Tratte di TAV inutili, stazioni luccicanti (ma prive di panchine per chi non appartiene al “freccia club”), stipendi grandissimi per dirigenti piccolissimi hanno fatto il loro tempo ed oggi più di ieri fanno gridare vendetta.
Ogni euro, ogni centesimo di euro, sia speso per la nostra sicurezza: che lo gridi - non lo sussurri, lo gridi - il Paese intero.