Giovedì, 06 Dicembre 2012 00:33

Cose non secondarie sulle primarie

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Ho argomentato altrove (su “Controlacrisi” e su www.Liberaroma.it) che le primarie sono “un’americanata a Roma” degna di Alberto Sordi, e però un’americanata tutt’altro che innocua, perché le primarie alludono allo stravolgimento della Costituzione (anzi lo praticano già!) prefigurando un Presidente del Consiglio (ma loro dicono: “premier”) eletto direttamente dal popolo, e non invece nominato dal Presidente della Repubblica e votato dal Parlamento, come la nostra Costituzione prescrive (cfr. gli artt. 92, 93 e 94 della Costituzione). Insomma le primarie sono culturalmente del tutto interne alla logica della Repubblica presidenziale, di un “unto del Signore”, a cui viene affidato per via plebiscitaria tutto il potere, senza alcuna mediazione democratica di tipo parlamentare. E non sono forse già, le primarie, un plebiscito personale, per scegliere il “capo”? Confesso che mi fa scorrere un brivido nella schiena il “combinato disposto” fra le ondate di populismo autoritario che la crisi capitalistica porta con sè in tutta Europa e il possibile presidenzialismo (che peraltro era già previsto dall’accordo alla bicamerale D’Alema-Berlusconi, poi fatto saltare da quest’ultimo). Pensiamo cosa sarebbe successo se un simile regime di investitura diretta del “premier” fosse già stato vigente e se Berlusconi avesse potuto presentarsi come espressione diretta della volontà popolare.

Il fatto è che con la democrazia e con la Costituzione non si dovrebbe scherzare mai: e come nel ’93-’94 il primo vulnus portato alla Costituzione dal sistema elettorale maggioritario (di cui dobbiamo ringraziare la ben nota lungimiranza di Segni-Occhetto e del PDS di allora) consegnò il Paese a Berlusconi, il quale sarebbe stato semplicemente impensabile con la legge elettorale proporzionale, così oggi l’irresponsabile flirt del PD con il presidenzialismo “americano” potrebbe aprire la strada a esperienze ancora peggiori.

Ma - si dice - le primarie ri-avvicinano il popolo e la politica. Ciò sarebbe certamente cosa buona e giusta, se non fosse che un tale riavvicinamento sembra avvenire solo sul terreno mediatico
e dell’ “immagine”, non certo della partecipazione vera e protagonista delle masse popolari che organizzano se stesse e la propria capacità di contare davvero. Oso dire (forse scandalizzando qualche “anima bella”) che c’è più democrazia in una sezione di partito, in un picchetto operaio o in un corteo di studenti, che in voto plebiscitario sulla persona, ispirato e gestito dai media.

Il carattere mediatico delle primarie è qualcosa su cui si deve riflettere, giacché la riduzione della politica a “immagine” mediatica è stata la caratteristica decisiva del berlusconismo e sotto questo aspetto esso rischia di continuare a governarci anche dopo la sua morte apparente (la morte del berlusconismo, intendo dire). C’è un dato che misura il carattere mediatico-berlusconico delle primarie: questo dato non è solo Matteo Renzi (un vuoto assoluto, ma bene incartato di esperti in immagine e comunicazione - non per caso di provenienza Mediaset! - che arriva al 39%!), questo dato è paradossalmente, l’assoluta mancanza di informazione vera, giacché mediaticità e verità sono due cose diverse anzi opposte.

Domenica 25-11, già al mattino, le tv di Sky (il vero sponsor delle primarie) davano la notizia di una “Affluenza record”. Questa stessa notizia è stata ripetuta anche l’indomani da giornali e TV, senza mai alcun raffronto numerico e però unanimemente, così da trasformarsi in una verità. Ebbene è una menzogna: i votanti al primo turno alle primarie del 2012 sono stati 3.111.021, dunque molti meno dei 3.554.169 votanti alle primarie, del solo PD e non di coalizione, nel 2007; ma il confronto vero va fatto con le primarie di coalizione (quelle di Prodi del 2005) che videro la partecipazione di 4.311.149 votanti. Dunque un milione e duecentomila votanti in meno sono forse un record, ma in negativo non in positivo!

Ora e tipicamente “mediatico” vendere a molti, magari con l’inganno, qualcosa. Che cosa è stato venduto questa volta? La “Carta di intenti” che bisognava sottoscrivere con la propria firma per poter votare. Molti bravi compagni naturalmente non hanno neppure letto ciò che hanno firmato; soffermiamoci allora su due questioncelle di quella “Carta” che mi paiono, francamente, non secondarie.

Primo: votando gli elettori (come già il PD, SEL e il PSI) si impegnavano “a collaborare pienamente e lealmente, in campagna elettorale e per tutta la durata della legislatura con il candidato premier scelto dalle primarie”. E il documento chiarisce anche che se in futuro ci saranno dissensi nella coalizione, questi saranno risolti con una votazione...nei gruppi parlamentari. Dopo di che l’eventuale minoranza si impegna ad adeguarsi alla maggioranza: una singolare riscoperta del centralismo democratico, che però avviene qui in una coalizione non in un Partito, e per giunta solo fra i Parlamentari!

E veniamo alla seconda questione: la “Carta” è un programma di legislatura, e allora non si può non notare che in questo programma non c’è una sola parola sul recupero dell’art.18, non c’è una sola parola sul folle “fiscal compact” firmato con l’Europa, non c’è una sola parola sulla necessità di porre fine alle missioni di guerra all’estero, non c’è una sola parola sulla tassa patrimoniale né sull’IMU da far pagare al Vaticano, e l’elenco potrebbe continuare. Questi silenzi significano semplicemente che tutte queste cose non fanno parte del programma di Governo del centrosinistra e del suo premier. Si è detto che, grazie all’eroico impegno del compagno Vendola, si era ottenuto che nella “Carta d’intenti” almeno non fosse scritto che occorre proseguire la politica di Monti. Non è vero neanche questo: addirittura nella solenne premessa si legge che: “L’Italia perderà se abbandonerà l’Europa e si rifugierà nel suo spirito corporativo...” (chi ha orecchie per intendere, intenda..). E nel punto 4 del capitolo “Responsabilità” leggo: “Assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese...”. È abbastanza chiaro? Se qualcuno ancora non avesse capito, o facesse finta di non capire, la “Carta d’intenti” fa ulteriore chiarezza: “La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa”, e prosegue: “Qui vive la ragione più profonda che ci spinge a cercare un terreno di collaborazione con le forze del centro liberale. I democratici e i progressisti si impegnano a promuovere un accordo di legislatura con queste forze.” Dunque l’accordo (anzi un accordo di legislatura!) con l’UDC e simili “montiani” non è affatto un’eventualità, è – al contrario – un impegno già assunto solennemente con la “Carta d’intenti” dal PD, da SEL, dal PSI (e dal compagno Tabacci).

E pensare che il compagno Vendola pensava che con le primarie avrebbe fatto “una OPA sul PD”, cioè se ne sarebbe impadronito grazie alle proprie superiori capacità narrative e affabulatorie! E invece ora è prigioniero di un solenne impegno a fare un accordo di legislatura con Monti e Casini. Anche i compagni e le compagne di SEL resteranno prigionieri come lui?

Ultima modifica il Venerdì, 14 Dicembre 2012 18:53
Raul Mordenti

Professore ordinario di "Critica Letteraria" all'Università di Roma Tor Vergata. Militante del '68, del '77, dei movimenti e di Democrazia Proletaria, ha partecipato alla fondazione del PRC. Attualmente è membro dell'Esecutivo romano della Federazione della Sinistra.

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