Venerdì, 05 Giugno 2015 00:00

Un antidoto contro l'astensione

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L'astensionismo, la distanza dell'elettorato dalla politica (comunque intesa) sono stati i grandi vincitori di queste elezioni regionali.
In questi giorni vi è stato un elenco infinito di dichiarazioni più o meno tutte simili: “occorre riflettere”, “è un dato di cui tener conto”, “è una ferita da sanare” etc. etc.
La grande riflessione che però, pressoché tutti, i rappresentanti della politica “che conta” invocano a queste striminzite ansa si ferma.
Qualche elemento riflessivo in più emerge dal Capo dello Stato che parla di “eccesso di conflitti”, analisi scontata per chi, per consuetudine, non può prendere posizioni nette, ma del tutto errata.

Appare chiaro infatti che il sistema politico-elettorale prodottosi dopo tangentopoli, e cioè la morte di gran parte delle organizzazioni di massa, a partire dai partiti, la loro trasformazioni tuttalpiù in comitati elettorali, l'elezione diretta dei vertici delle istituzioni locali e dunque il trasformarsi di ogni competizione in tifo, i fenomeni di malcostume non più mediati da nessun contrasto etico interno alle organizzazioni: tutto ciò ha prodotto una caduta, lenta ma costante ed inesorabile, del tasso di partecipazione dei cittadini non soltanto alle urne, ma anche ad ogni altro appuntamento della vita civile e sociale.

Nemmeno le urla dell'antipolitica hanno posto un freno a questo processo, anzi, hanno finito anch'esse per diventare parte – più rumorosa, certamente – di quella confusa curva che invoca e realizza generiche “riforme” e che al di là degli accenti sembra esprimere lo stesso vuoto pneumatico nelle dichiarazioni ufficiali, e ben identificabili interessi nell'azione concreta.

L'antidoto a tutto ciò è proprio la “vecchia politica”, il contrasto palese, pubblico e per nulla scandaloso, di contrapposti interessi sociali, la ripresa di organizzazioni che pure con forme rinnovate siano orecchio e braccio di quelle idee nei territori. Una strada lunga, in salita, e che nessuno pare intenzionato a percorrere. In fondo, scarsa partecipazione implica anche minore fatica di convincimento. Una strada lunga, ma che va imboccata: non esiste infatti una soglia minima oltre la quale tale problema diventa scandalo. I Paesi dell'Est Europa sono lì a dircelo.

Ultima modifica il Giovedì, 04 Giugno 2015 18:24
Roberto Capizzi

Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.

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